Il lancio di un missile Tomahawk da una nave da guerra americana (Ansa)
È stato un raid bidimensionale quello di stanotte in Siria. Ha visto l’impiego di almeno dieci fra bombardieri e navi militari, per una mini-guerra dall’aria e dal mare. Obiettivo: colpire i bersagli nemici a distanza di sicurezza dalla contraerea siriana, ormai pienamente integrata con quella russa.
Quali le armi dell’ennesima operazione simi-inutile e dispendiosa? Gli americani hanno mobilitato un cacciatorpediniere e due sottomarini d’attacco, che hanno esploso 120 missili Tomahawk, appoggiati da un bombardiere B1-B, ormai dedito ai soli raid convenzionali a grandissima distanza con i cruise standoff Jassm Er. Gli industriali statunitensi si fregano già le mani: stimano gli incassi per rimpiazzare le armi usate. Un Tomahawk IV costa sul milione di dollari, un missile Jassm fra 500mila e 930mila dollari.
Anche i francesi hanno approfittato della micro-operazione per testare armi nuove, fra cui i missili da crociera navali MdCN, consegnati appena un anno fa, e gli Scalp Eg rinnovati. C’è poco di diverso fra i due missili, visto che gli MdCN da 1.000 chilometri di raggio sono derivati dagli Scalp che armano i cacciabombardieri Rafale (e i Mirage 2000D). E siccome stanotte anche gli inglesi erano della partita, i loro quattro bombardieri Tornado hanno sparato i cruise Storm Shadow, ovvero la versione britannica del francese Scalp. Armi prodotte in sinergia, da Paesi con il grilletto facile.