La Spagna ha emesso il mandato di arresto europeo per il deposto presidente catalano Carles Puigdemont e i 4 ministri che si trovano con lui in Belgio, a firmarlo è stato il giudice Carmen Lamela. Ma per la Catalogna era stato un elettroshock già l'ordine di una giudice spagnola di arrestare 8 dei 13 membri del Govern eletto democraticamente, accusati di "sedizione" e "ribellione" per avere portato avanti senza violenza il progetto politico dell'indipendenza catalana. Decine di migliaia di persone erano scese in piazza già nella serata del 2 novembre in tutte le città catalane al grido di "Llibertat" e di "Non è giustizia, è dittatura!" per denunciare l'incarcerazione del Govern. Ora la magistratura di Bruxelles sta analizzando la richiesta spagnola. E darà un parere. Se dovesse essere favorevole all'estradizione, il president e i suoi ministri potranno ricorrere, allungando i tempi del riesame di almeno tre mesi che trascorrerebbero in esilio.
La procura spagnola aveva chiesto nelle prime ore della giornata del 2 novembre che contro Puigdemont e quattro ministri venisse emesso un mandato di arresto europeo. A diverse ore di distanza la conferma è arrivata dall'avvocato belga Paul Bekaert, legale dell'ex presidente della Generalitat catalana, Puigdemont, scappato in Belgio e irreperibile, che ha annunciato alla tv fiamminga che la magistratura spagnola ha spiccato il mandato di cattura europeo per il suo assistito. "Ho appena ricevuto notizia dal mio cliente che il mandato di arresto è stato spiccato contro di lui ed i suoi 4 ministri che sono in Belgio", ha dichiarato Bekaert. "Praticamente questo significa che la magistratura spagnola ora richiederà l'estradizione alla procura federale di Bruxelles" ha aggiunto il legale.
"Il governo legittimo della Catalogna incarcerato per le sue idee e per essere stato fedele al mandato approvato dal parlamento catalano", ha reagito Puigdemont in serata su Twitter. "Il clan furioso del 155 (l'articolo della Costituzione applicato da Madrid per destituire il governo, ndr) vuole il carcere. Il clan sereno dei catalani, la libertà".
Il numero due del Govern Oriol Junqueras, leader di Erc, lo storico primo partito catalano di cui faceva parte il presidente Lluis Companys fucilato dai franchisti nel 1940, ha passato la prima notte dietro le sbarre nel carcere di Estremera, vicino a Madrid. Come lui hanno dormito in prigione i titolari di Esteri Raul Romeva, Interni Joaquim Forn, Giustizia Carles Mondò e le ministre Meritxell Borras e Dolors Bassa.
La giudice Carmen Lamela ha giustificato il loro arresto senza cauzione, di solito previsto anche per terroristi e pericolosi delinquenti, con il pericolo di fuga e reiterazione di reato, dopo averli convocati a Madrid per essere interrogati. I loro legali hanno denunciato una procedura sbrigativa, irregolarità e gravi violazioni del diritto di difesa.
Martedì Puigdemont aveva avvertito che lo Stato "non vuole giustizia, vuole vendetta". E che non avrebbe lasciato Bruxelles senza garanzie di un "giusto processo", che "per ora non esistono". Puigdemont ha preannunciato che avrebbe dato battaglia: costringendo la giustizia belga, molto intransigente sulle violazioni dei diritti fondamentali, a pronunciarsi sulle accuse mosse al leader catalani.
Lo scontro anche nel campo dei giuristi
Ed è già scontro anche nel campo dei giuristi. Autorevoli giuristi in Catalogna e in Spagna le contestano e denunciano violazioni delle norme europee e spagnole. Lo stesso padre della riforma del Codice Penale post-franchista, Diego Lopez Garrido, ha detto che l'accusa di "ribellione" esiste solo "nell'immaginazione del procuratore generale dello stato". In Catalogna, ha detto, non c'è stato quel "sollevamento violento" che prevede il codice penale.
Il fronte indipendentista ha reagito con indignazione all'arresto di mezzo Govern, denunciando una repressione "mai vista dai tempi del franchismo" ma lanciando nello stesso tempo appelli alla calma e alla "tranquillità", nel timore che la nuova "vendetta" di Madrid possa innescare un ciclo di esasperazione e violenza. La leader del partito di Junqueras, Marta Rovira, con voce rotta dal pianto ha chiesto "a tutti i democratici del mondo" di "reagire, alzarsi, impedire che questo accada nel XXI secolo: un governo eletto democraticamente messo in prigione!". "L'Europa ora sarà ancora complice dello stato spagnolo autoritario?", ha chiesto polemicamente la leader del PdeCat di Puigdemont, Marta Pascall.
"Mi vergogno!", ha detto infine della Spagna il leader di Podemos Pablo Iglesias: "Libertà per i detenuti politici!". Che ora in Spagna, nell'Ue del XXI secolo, sono dieci. Oltre agli otto del Govern, da 15 giorni per ordine sempre di Lamela sono in carcere anche i 'due Jordì, Sanchez e Cuixart, i leader delle associazioni indipendentiste accusati di sedizione per le manifestazioni pacifiche di Barcellona del 20 settembre.
Appello ai partiti: tutti uniti
Intanto, il leader catalano Carles Puigdemont ha rivolto un appello a tutti i partiti politici in Catalogna
favorevoli alla secessione a unirsi in vista del voto del 21 dicembre. "È il momento per tutti i democratici di unirsi. Per la Catalogna, per la libertà dei prigionieri politici e per la repubblica", ha scritto su Twitter. In precedenza all tv belga aveva ribadito l'intenzione di farsi giudicare "dalla magistratura belga e non certo da quella spagnola".