Il Medio Oriente ha tante cose che interessano al mondo, ma il mondo non si interessa al Medio Oriente. In Iraq sono dieci anni che aspettiamo che si compia la promessa di democrazia fatta dopo la fine della guerra. Fino a quando aspetteremo?». Non ha peli sulla lingua il cardinale Louis Raphael I Sako, patriarca caldeo di Baghdad. Alza il suo grido di dolore «non per difendere una parte, ma per il bene di un Paese che ha bisogno di riconciliazione e di unità come dell’aria che si respira».
Quale contributo può venire alla riconciliazione da una realtà minoritaria come la Chiesa cattolica, che conta meno del 2 per cento?Siamo pochi, è vero, ma portiamo tesori preziosi per questo Paese: il valore della persona, che non dipende dalla sua appartenenza religiosa ma dalla dignità che racchiude, il valore della laicità positiva, che insegna a separare la fede dalla politica, l’importanza dell’educazione per formare nuove generazioni aperte al confronto e alla modernità.
Le scuole cristiane vivono una fioritura, anche se aumenta la percentuale degli studenti musulmani. Non rischiano di perdere la loro identità?I nostri istituti, che dopo la statalizzazione imposta da Saddam Hussein hanno riacquistato libertà d’azione, sono un bene nazionale. Educano alla convivenza, a considerare l’altro come qualcuno che mi è necessario e non come un impedimento alla mia realizzazione. Inoltre garantiscono un alto livello di istruzione. Per tutte queste ragioni vengono scelte da molte famiglie musulmane che vogliono investire sul futuro dei figli. La salvaguardia dell’identità cristiana è garantita da chi le dirige, ma selezioniamo con attenzione gli insegnanti, tra cui ovviamente molti musulmani. Le famiglie apprezzano e ci scelgono, sempre più numerose. In alcuni casi il problema è solo il poco spazio che abbiamo a disposizione.
In aprile si andrà a votare. Prevede una svolta?Difficile avere sicurezze, l’unica cosa certa è che la gente è stanca di promesse non mantenute. La situazione è confusa, sono in campo una marea di liste, la tensione tra sunniti e sciiti è fortissima. Ho fatto più volte appello alle nostre comunità perché venga scelta gente competente e onesta, che guardi al bene della nazione prima che ai propri interessi, ma non mi nascondo che la corruzione è ancora molto diffusa e determina tante scelte. Il sistema elettorale riserva ai cristiani una quota di cinque posti, ma ho incoraggiato a favorire candidature in più liste, per ottenere una presenza più significativa. Infine, ma non da ultimo, c’è un problema di fondo.
Quale?È un problema che riguarda tutto il mondo islamico: la necessità di separare la religione dalla politica. Non si può governare uno Stato rifacendosi ai criteri del settimo secolo, si deve riconoscere che siamo tutti cittadini prima che membri di una comunità religiosa, e che i diritti vanno riconosciuti a prescindere dalla fede. Se si creano situazioni di oggettiva discriminazione e i cristiani continuano a diminuire, è una perdita secca per tutto il Paese che perde una delle sue componenti storiche. Papa Francesco pochi giorni fa lo ha ricordato in un tweet: "Non ci rassegniamo a pensare a un Medio Oriente senza cristiani".
Il Papa ha anche ricordato che l’ecumenismo è prioritario, un richiamo che riguarda anche il "piccolo gregge" dei cristiani iracheni.Da noi l’ecumenismo è nei fatti, nella vita quotidiana più che nelle iniziative teologiche. L’unità è anzitutto un dono di Dio ma richiede l’impegno di ogni cristiano, ed è una testimonianza fondamentale per un Paese diviso come l’Iraq. Se siamo uniti possiamo sperare che gli altri, vedendoci come è bella questa unità, siano indotti a mettersi sulla stessa strada.