sabato 5 agosto 2023
Bergoglio: sto pensando di nominare un rappresentante permanente che faccia da ponte tra le autorità di Kiev e di Mosca «Stiamo facendo tutto ciò che è in nostro potere per il ritorno dei figli»
I segni della guerra a Kiev

I segni della guerra a Kiev - Ansa

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«Tutte queste iniziative sono ciò che io chiamo “un’offensiva per la pace”», così Papa Francesco ha riassunto in una intervista le mosse della Santa Sede davanti alla guerra in Ucraina. I passi della “diplomazia umanitaria” hanno dato un primo ragguardevole risultato. L’inviato di Papa Francesco è riuscito in poche settimane dalla nomina a recarsi a Kiev, Mosca e Washington. E da tutti e tre gli interlocutori il cardinale Matteo Zuppi, arcivescovo di Bologna e presidente della Conferenza episcopale italiana, ha ottenuto l’impegno concreto ad affrontare alcuni tra i dossier più spinosi, a cominciare dalla situazione dei bambini di nazionalità ucraina che attualmente si trovano in territorio russo. Non è un caso che la gran parte degli esponenti politici e istituzionali coinvolti nei colloqui con l’inviato vaticano abbiano responsabilità diretta nella gestione delle questioni umanitarie. Scopo delle mediazione offerta dalla Santa Sede è quello di favorire un clima che permetta alle parti di attivare meccanismi che possano incentivare le soluzioni umanitarie, creando i presupposti per un più largo confronto diplomatico.

E ieri Papa Francesco ha voluto rafforzare questo auspicio, esprimendo le sue speranze per un prossimo colloquio tra il cardinale Zuppi e le autorità di Pechino. Lo ha detto nel corso di un’ampia intervista al settimanale cattolico spagnolo Vida Nueva a proposito della Giornata mondiale della gioventù che si sta svolgendo in Portogallo. Alla luce degli esiti riferiti al Papa dal cardinale Zuppi, il pontefice pensa di rendere stabile e duratura l‘azione umanitaria, corroborando i meccanismi che dovranno essere affinati tra Kiev e Mosca grazie anche all’influenza di Stati Uniti e Cina: «Sto pensando di nominare un rappresentante permanente che funga da ponte tra le autorità russe e ucraine. Per me, in mezzo al dolore della guerra, è un grande passo», ha detto Papa Francesco nell’intervista. Questo permetterebbe di facilitare gli sviluppi umanitari che già hanno dato dei risultati nel facilitare lo scambio di prigionieri e attivare percorsi per il rimpatrio in Ucraina di quei bambini per i quali è stato denunciato il trasferimento forzato.

Fino ad ora sono stati rimpatriati circa 400 minori. Gli ultimi due giorni fa: 10 minorenni consegnati dalle autorità russe a “Save Ukraine”, l’organizzazione umanitaria di Kiev guidata da Mykola Kuleba, già Commissario presidenziale per l’infanzia dal 2014 al 2021 e ora in prima linea nelle operazioni di recupero dei minori ucraini in Russia e nei territori occupati da Mosca. Kiev ritiene che quasi 20mila tra bambini e ragazzi si trovino in Russia illegalmente, ma anche sui numeri sono in corso verifiche poiché a causa del conflitto le informazioni a seconda dei casi possono essere sottostimate o sovrastimate. Vladimir Putin è ricercato dalla Corte penale internazionale che lo accusa con il commissario per l’Infanzia Llova-Belova di avere trasferito illegalmente bambini a cui è stata poi concessa la cittadinanza russa in violazione delle convenzioni internazionali sui minori in situazioni di conflitto.

«Il cardinale Matteo Zuppi, arcivescovo di Bologna – ha sottolineato il Papa nell’intervista – sta lavorando molto come responsabile dei dialoghi. È già andato a Kiev, dove si mantiene l’idea della vittoria senza optare per la mediazione. È stato anche a Mosca, dove ha trovato un atteggiamento che potremmo definire diplomatico da parte della Russia. Il progresso più significativo che è stato realizzato riguarda il ritorno dei bambini ucraini nel loro Paese. Stiamo facendo tutto ciò che è in nostro potere per garantire che ogni membro della famiglia che chiede il ritorno dei propri figli possa farlo». Il Papa guarda avanti: «Dopo la visita del cardinale Zuppi a Washington, la prossima tappa prevista è Pechino, perché – ha osservato – entrambe detengono anche la chiave per abbassare la tensione del conflitto. Tutte queste iniziative sono ciò che io chiamo “un’offensiva per la pace”».




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