Parrà strano, ma la forza del 99% nasce dalla maggioranza di un uomo solo. A due passi da Wall Street, nell’avamposto ribelle di Zuccotti Park, non si sta consumando soltanto la più emblematica delle proteste che, dal nuovo Maghreb alla vecchia Europa, scuotono il mappamondo dell’economia globale. Qui, nel cuore di una rivoluzione che – come ha ironizzato l’insospettabile «New Yorker» – assomiglia abbastanza a un pranzo di gala, la cronaca dell’America 2.0 si trova a confrontarsi con la storia profonda della «nazione sotto Dio», in un intreccio di fughe in avanti e reminiscenze culturali che differenziano la protesta
made in Usa da ogni possibile tentativo di comparazione. Prendiamo la questione del nome. In giro per il mondo ci si accontenta, con qualche forzatura, della definizione di
indignados. A New York e nelle ormai numerose proteste gemelle che stanno germinando nel resto degli States (Boston e Miami, Los Angeles e Seattle, e poi San Francisco, Chicago, Washington…), si preferisce parlare di
occupiers, «gli occupanti». Una qualifica che discende dall’insegna del movimento manifestatosi il 17 settembre scorso, data del simbolico attacco alla Borsa di Manhattan:
Occupy Wall Street, da cui l’acronimo Ows, che in inglese suona beffardamente simile a
owes, "debiti". A Madrid è stata la rabbia di ciascuno a suggerire un nome per tutti, qui è la moltitudine a offrire un nome per ciascuno. Attenzione, perché
Moltitudine è il titolo di uno dei best seller del "cattivo maestro" Toni Negri, balzato agli onori dell’opinione pubblica d’oltreoceano grazie a una serie di saggi (primo fra tutti
Impero del 2002) in cui l’ottocentesca lezione di Karl Marx viene messa al servizio delle inquietudini del Terzo Millennio.C’è da dire che, in quest’opera di rivalutazione del materialismo storico, l’ex ideologo di Potere Operaio è in ottima compagnia. Se la rivolta studentesca degli anni Sessanta ebbe, negli Usa, il suo punto di riferimento nell’
Uomo a una dimensione di Herbert Marcuse, fra i testi di riferimento degli Ows sembra che ci siano gli scritti di Slavoj Zizek, il combattivo filosofo di origine slovena che qualche giorno fra si è manifestato a Zuccotti Park – ribattezzato nel frattempo Liberty Plaza – per fornire una sintesi del suo pensiero. Perfettamente a suo agio quando si tratta di maneggiare l’immaginario hollywoodiano (il suo libro più noto è
Benvenuti nel deserto del reale, precisa citazione dalla saga fantascientifica di
Matrix), Zizek è il maggior teorico dell’attualità di Marx dopo il marxismo. In sintesi estrema: dimentichiamo l’Unione sovietica, ma ricordiamoci del plusvalore. Ma allora, chi sono gli occupanti di Wall Street – ieri ancora al centro di tafferugli, seguiti da una quindicina di arresti? Soltanto comunisti fuori tempo massimo? Piano, perché la stratificazione è più complessa. Prima di essere considerati il gendarme del mondo, infatti, gli Stati Uniti sono stati il rifugio dei dissidenti, a cominciare dai proverbiali Padri Pellegrini che nel Seicento lasciarono l’Inghilterra per sfuggire alla persecuzione religiosa. E qualcosa, di questo sentimento originario, è sempre rimasto nella sensibilità americana. Basta sfogliare l’opuscolo ufficiale della «General Assembly» di Zuccotti Park (che non ha un leader né un portavoce, ma è dotata di un’attivissima web-tv, e che ieri ha esultato per il mancato sgombero dell’area a scopo di pulizie deciso dal sindaco Bloomberg) per imbattersi in un’espressione che suona familiare. «Restiamo orgogliosamente impegnati in un’azione di disobbedienza civile non-violenta», si legge. E
Civil Disobedience è, com’è noto, il titolo del pamphlet con cui, nel 1849, Henry David Thoreau postulò il principio per cui un uomo solo, se è nel giusto, è sufficiente a costituire un maggioranza.Finito in prigione per essersi rifiutato di pagare una tassa da lui ritenuta ingiusta, in
Disobbedienza civile Thoreau sottopone a un ripensamento radicale il concetto di democrazia, lungo un crinale che, se percorso fino in fondo, porterebbe gli Ows a sbandierare con meno baldanza l’idea per cui loro, rappresentando il 99% della popolazione americana, sono di sicuro dalla parte della ragione, a differenza dell’1% turbocapitalista che tiene in soggezione il Paese. Ma il punto, evidentemente, non è questo. Più che come critico delle logiche di rappresentanza, Thoreau è oggi percepito come portavoce di una diffidenza radicale nei confronti del «Sistema» sociale. La pagina in cui lo scrittore paragona lo Stato a un meccanismo di molle e pulegge pronto incepparsi sotto i colpi dell’obiezione di coscienza ha profondamente influenzato gli atteggiamenti libertari di autori quali Kurt Vonnegut e Gore Vidal, più o meno ufficialmente schierati sul fronte
liberal, ma non per questo restii a simpatizzare con forme estreme di massimalismo anarcoide. Del resto, l’obiettivo di distruggere il Sistema dal suo interno, sottoponendo loghi aziendali e messaggi pubblicitari a un devastante processo parodistico, è la caratteristica di Adbusters, il gruppo di attivisti che in maniera più immediata può essere avvicinato all’impresa di «occupare Wall Street». In origine, alla fine degli anni Ottanta, gli Adbsusters apparivano isolati avventurieri costretti ad arrangiarsi con adesivi e fotocopiatrici. Ora, nell’era di Facebook e di Wikileaks, entrano a pieno diritto nel pantheon degli Ows. Non per niente, a bazzicare sui siti collegati al movimento, le occasioni per scaricare volantini e immagini propagandistiche si sprecano, mentre di libri – a voler essere sinceri – non si parla un granché. Anche questo, in fondo, è un segno dei tempi.