Un momento del simposio internazionale in Vaticano dedicato alle armi nucleari (Ansa)
Un risultato «importante» della Conferenza sul disarmo nucleare, promossa dal Dicastero per il Servizio dello sviluppo umano integrale è che «la sensibilità per il bando totale dell’uso e del possesso delle armi nucleari sta entrando nella coscienza di tutti». E questo «dovrebbe aiutarci a fare un passo in avanti per rafforzare la linea proposta da papa Francesco e dai Pontefici precedenti», cioè che «per il bene della famiglia umana questo mezzo di distruzione di massa che sono le bombe atomiche non devono più esistere».
L’arcivescovo Silvano Tomasi, nunzio apostolico e membro del Dicastero, manifesta così la soddisfazione della Santa Sede per un Convegno che ha portato in Vaticano 11 premi Nobel e ha visto la partecipazione di numerose personalità laiche ed ecclesiastiche provenienti da ogni continente. «Adesso sta entrando nella coscienza pubblica, prima di tutto delle persone che da anni lavorano per un mondo libero dal commercio delle armi e soprattutto dalla presenza delle armi atomiche» spiega Tomasi ad Avvenire, la necessità di «creare una cultura di pace che faciliti la convivenza e la sicurezza dei Paesi», sicurezza che «non sia basata sulla minaccia di distruzione reciproca ma sulla fiducia e la possibilità concreta di lavorare assieme per migliorare la qualità di vita di tutti e includere tutti nel benessere».
Dopo il discorso forte e chiaro pronunciato venerdì da papa Francesco ieri il Simposio si è chiuso con le ultime due sessioni. Quella mattutina dedicata al ruolo della Chiesa, della società civile e delle organizzazioni internazionali nell’impegno per il disarmo integrale. E quella pomeridiana con una carrellata di testimonianze sugli aspetti geopolitici, sulle conseguenze umanitarie delle armi nucleari e sui possibili cammini di pace. La giornata si è aperta con la concelebrazione eucaristica presieduta in San Pietro dal cardinale Peter Turkson, prefetto del Dicastero.
Nel corso dei lavori l’arcivescovo Paul Richard Gallagher, “ministro degli Esteri” vaticano, ha ribadito l’impegno del Papa e della Santa Sede per la pace e per il disarmo nucleare. Mentre il vescovo di San Diego, Robert McElroy, membro del Comitato per la giustizia e la pace della Conferenza episcopale degli Stati Uniti ha messo l’accento sul fatto che il Papa ha specificato che non solo l’uso ma anche il possesso di armi nucleari è moralmente inaccettabile. A questo proposito l’arcivescovo Tomasi ricorda che Francesco, già nel Messaggio inviato alla III Conferenza sull’Impatto umanitario celebrata a Vienna nel dicembre 2014, aveva in qualche modo preannunciato che anche il possesso è problematico «perché se uno ha questi strumenti vuol dire che ha intenzione eventualmente di usarli e sappiamo che l’uso in qualsiasi circostanza ha conseguenze eticamente inaccettabili».
Il Convegno è stato arricchito anche da momenti di dibattito tra i partecipanti. Durante uno di questi scambi di riflessioni ha offerto il suo contributo, con un applaudito intervento, anche il vescovo Luigi Bettazzi, emerito di Ivrea e ultimo padre conciliare italiano ancora vivente. «Accanto all’utopia del disarmo nucleare – ha esortato l’anziano e lucidissimo presule – dobbiamo lottare per l’utopia di un Onu veramente democratica».
«Il cardinal Casaroli – ha aggiunto –diceva che l’Onu non sarà mai democratica», visto che «cinque Stati per il motivo che 70 anni fa hanno vinto una guerra hanno il diritto di veto», così «basta essere amico di uno dei cinque e questo bloccherà le questioni». «Credo – ha insistito Bettazzi – che dobbiamo lavorare per la democrazia dell’Onu, con delle maggioranze qualificate d’accordo, ma senza che ci siano dei veti». Perché come «diceva Benedetto XVI nella Caritas in veritate» una Onu «veramente autorevole anche sul piano economico è l’unica vera garanzia della pace».
Un giudizio positivo sul Simposio vaticano sul disarmo nucleare è stato espresso anche da don Renato Sacco, coordinatore nazionale di Pax Christi. «Si tratta di un incontro importante, – ha commentato all’agenzia Sir – non solo celebrativo, perché arriva da un cammino lungo, da un impegno che la Chiesa, e non solo essa, ha sviluppato e mantenuto nel tempo a favore della pace».