venerdì 6 gennaio 2012
Un gruppo di uomini armati ha fatto irruzione in una casa a Mubi, nel nord-est del Paese, dove era in corso la veglia per una delle vittime dell'attentato di ieri. La setta islamista Boko Haram ha rivendicato il bagno di sangue.
Assalto a una Chiesa a Gombe, sei morti decine i feriti
COMMENTA E CONDIVIDI
Si susseguono con terribile ferocia. In un’onda di orrore che, ora dopo ora, cresce, rischiando di diventare uno tsunami. È sempre più difficile tenere il conto delle stragi di cristiani nel Nord della Nigeria. I luoghi, i nomi delle vittime, le storie si confondono in un bagno di sangue assurdo e indiscriminato. L’intera zona è preda del terrore della setta islamica fondamentalista di Boko Haram che, nell’intento di destabilizzare il potere centrale, fomenta il caos, attaccando la principale minoranza. L’ultimo massacro è avvenuto ieri a Mubi, nello Stato di Adamawa. La dinamica è drammaticamente ripetitiva: un gruppo di uomini armati ha fatto irruzione in una casa abitata da cristiani. Immediatamente, il commando ha aperto il fuoco, massacrando 17 persone. A gettare una luce ancor più sinistra – se possibile – sulla vicenda, il particolare che i 17 erano riuniti per la veglia funebre di una delle cinque vittime della strage di due giorni fa sempre nella stessa cittadina. Quando, sempre una banda armata ha attaccato il Good Will Hotel, una struttura di accoglienza gestita da religiosi cristiani. L’assalto alla veglia come pure quello di due giorni fa alla chiesa protestante di Nasarawa, nel Gombe, sono stati rivendicati da Boko Haram. «Liberati i nostri fratelli arrestati se volete fermare gli attacchi», ha affermato un portavoce dell’organizzazione. Che da settimane si è accanita contro l’etnia Ibo, di fede cristiana. Le vittime di Mubi appartenevano a tale gruppo. Il giorno di Natale sono state devastate – con tre attacchi successivi – tra chiese in altrettante città: sono morte 37 persone. Lo stesso giorno, un’autobomba è esplosa vicino a un edificio governativo. L’escalation è proseguita con un ultimatum di Boko Haram alla comunità cristiana, a cui venivano dati 3 giorni per lasciare la regione settentrionale. Due giorni fa, a poche ore dalla scadenza del termine, oltre al Good Will Hotel, i fondamentalisti hanno colpito la chiesa protestante di Nasarawa. «Hanno aspettato che i fedeli si immergessero nella preghiera. Gli attentatori, poi, hanno sparato dalla finestra. Le raffiche sono esplose all’improvviso. Hanno ucciso tanti, anche mia moglie», ha raccontato, ancora choccato, il pastore John Jauro. Il bilancio della strage è di sei vittime e 10 feriti. A cui ieri si sono aggiunti i morti di Mubi. La città non è lontana dal confine con lo Stato di Borno – lungo la frontiera con Camerun, Niger e Ciad –, dove la setta è nata. E in cui, la settimana scorsa, il presidente Goodluck Jonathan ha dichiarato lo stato di emergenza e ordinato di blindare i confini. La stessa misura è stata adottata per le zone di Yobo e del Plateau. Militari e carri armati pattugliano i quartieri, eppure la gente ha paura, perché i fanatici di Boko Haram continuano a colpire. Sempre ieri, i fanatici hanno attaccato un commissariato a Potiskum, nello Yobo, sotto gli occhi attoniti dell’esercito. Che poi è intervenuto. Ovunque il panico della popolazione è palpabile. Gli Ibo ormai vivono nel terrore. Nello Stato di Adamawa, fonti locali parlano di negozi sprangati e strade deserte. Molti Ibo – in maggioranza commercianti e micro imprenditori – hanno chiuso gli esercizi e interrotto le attività e vivono barricati in casa, nel timore di attacchi. Alcuni hanno cominciato a lasciare la regione. Molte associazioni cristiane hanno chiesto al governo di Goodluck Jonathan di fare di più per mettere fine alla violenza. Tanti, da più parti, accusano il presidente di eccessiva debolezza e di lentezza nella risposta di fronte alla minaccia dei terroristi.
© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI

ARGOMENTI: