mercoledì 16 ottobre 2024
Il rapporto della Freedom House li colloca al penultimo posto nella classifica per indice di libertà sulla Rete. Ultimo il Kyrgyzstan. Ma tutta l'Asia è messa male: scendono Iraq e Azerbaigian
Il generale Min Aung Hlaing, a capo della giunta militare birmana, si scambia doni con il ministro degli Esteri cinese Wang Yi, in una foto d'archivio

Il generale Min Aung Hlaing, a capo della giunta militare birmana, si scambia doni con il ministro degli Esteri cinese Wang Yi, in una foto d'archivio - Ansa

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Un nuovo rapporto evidenzia il drammatico peggioramento della libertà di accesso e fruizione di Internet in Myanmar, preda della guerra civile e sotto la censura imposta dal regime militare dal primo febbraio 2021. Negli ultimi dodici mesi il Paese è sceso alle posizioni più basse nella classifica mondiale della libertà di espressione e comunicazione su Internet, alla pari con la Repubblica popolare cinese, tradizionale alleato, e solo una posizione sopra il Kyrgyzstan, ultimo in classifica.

Il contenuto del Freedom on the Net Report stilato da Freedom House, think-tank indipendente per quanto finanziato dal Congresso statunitense, evidenzia pure il dato che globalmente l’indice di libertà su Internet è sceso per il 14mo anno consecutivo, con numerosi Paesi che hanno perso posizioni. Tra questi, l’Iraq e anche l’Azerbaigian che si appresta a ospitare il summit Cop29 sul clima. In Kyrgyzstan le autorità hanno costretto alla chiusura, fra gli alti, anche il sito Kloop, finanziato perlopiù da Ong straniere che aveva denunciato le torture inflitte a un esponente dell’opposizione incarcerato.

Restando al Myanmar, è la prima volta in un decennio che un Paese scende alla pari con la Cina. Per quanto quest’ultima resti inarrivabile per la sofisticatezza del suo "grande firewal" che rende quasi impossibile le comunicazioni al di fuori delle modalità imposte dalle autorità ed esclude molti network internazionali o impone loro l'autocensura su temi considerati negativi per l’immagine e la stabilità del Partito comunista e del Paese.

A peggiorare drasticamente la situazione, da maggio in Myanmar è stata anche l’applicazione del blocco all’accesso ai network privati virtuali (Vpn) che gli oppositori utilizzavano per sfuggire ai controlli. Un brutto colpo per le voci di una realtà composita che, pur con interessi non coincidenti se non nel contrasto alla giunta guidata dal generale Min Aung Hlain, si oppone ora anche con le armi a ritorno dei militari dopo un decennio di relativi pace e progresso.

Dal colpo di stato di tre anni fa l’accesso a Internet è stato concesso solo nelle ore diurne e serali con aperture o limitazioni ulteriori durante i periodi di emergenza o del coprifuoco. Proibiti network internazionali come Facebook, Instagram, X/Twitter, WhatsApp, oltre che a Wikipedia e ovviamente tutti siti o strumenti di comunicazione dei gruppi di opposizione.

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