Un punto di soccorso medico improvvisato a Marrakech - Fotogramma
«Purtroppo, quest’approccio selettivo selettivo del Marocco verso gli aiuti degli altri Stati non è affatto un’eccezione. Si può biasimarlo, ma fino a un certo punto, se restiamo realisti e pragmatici. Il miglior modo per aggirarlo è comunque lasciar spazio all’azione di Ong fuori dal gioco diplomatico». A sostenerlo, sulla scorta di decenni d’azione sul campo, è il celebre medico francese Rony Brauman, fra le figure chiave nell’avvento storico dell’azione umanitaria internazionale, già presidente di Medici senza frontiere (Msf) dal 1982 al 1994.
Rony Brauman - Archivio
Il “filtro” del Marocco continua a far discutere. Che ne pensa?
Per gli Stati, in caso di catastrofe, le considerazioni umanitarie non prevalgono quasi mai su quelle intergovernative. È purtroppo un fatto tante volte confermato. Ben diverso è il discorso per le Ong umanitarie che, pur avendo una nazionalità, si tengono in genere ai margini delle relazioni fra gli Stati. È proprio quello che stiamo vedendo in Marocco, dove ad esempio, per il momento, le squadre di Msf di diverse nazionalità europee si stanno attivando.
Davvero una situazione classica, dunque?
Nel caso delle proposte di aiuto degli Stati, la novità è che Rabat abbia designato ufficialmente 4 Paesi stranieri autorizzati ad intervenire. In generale, simili filtri restano sempre discutibili, certo. Ma sul piano pragmatico, non è scioccante che un Paese filtri l’arrivo delle squadre di soccorso per una catastrofe fortemente mediatizzata. Esistono infatti problemi di coordinamento estremamente difficili, in un periodo di caos.
I diritti delle popolazioni non rischiano di finire in secondo piano?
Sì, ma fino a un certo punto. Perché, in caso di catastrofe molto mediatizzata, non giova a un Paese aprirsi a tutti. L’afflusso, in effetti, diventerebbe ingestibile, con un disordine che si sommerebbe al disordine. Quanto all’atteggiamento degli Stati in generale, certo, se ne vedono purtroppo tutti i giorni di poco sensibili ai diritti umanitari. Anche in questo caso. Personalmente, comunque, non credo più alle perorazioni umanitarie degli Stati. Non mi sembrano credibili e sono spesso ipocrite. In Europa, ad esempio, si può citare il caso dei migranti che muoiono nel Mediterraneo. In generale, gli Stati non sono mai davvero nel loro ruolo naturale quando vogliono dare lezioni di morale agli altri Stati.
Il Marocco potrebbe divenire più elastico in fasi ulteriori?
Per esperienza, posso dire che è soprattutto nella fase d’emergenza immediatamente dopo una catastrofe che può osservarsi una certa sospensione delle abituali logiche politiche. Penso ad esempio al Pakistan di fronte alle inondazioni del 2010, quando per qualche settimana fu stabilita una tregua o immunità umanitaria. Dunque, in genere, questo tipo di tregue non giunge quasi mai in un secondo tempo, ad esempio per la ricostruzione.
L’Onu avrebbe un ruolo da svolgere in queste situazioni?
Essendo più inclusiva degli Stati, l’Onu in effetti potrebbe svolgere un ruolo più grande in caso di catastrofi. Pure nell’assistenza diretta, perché per coordinare gli aiuti internazionali, una squadra dell’Onu potrebbe essere benvenuta. Anche in queste ore, spalleggiando il Marocco in compiti essenziali come la registrazione e la distribuzione degli aiuti. Ma volendo essere realisti, penso che non si giungerà comunque, almeno in un futuro vicino, a una sorta di meccanismo sovranazionale automatico per questo genere di catastrofi.
Il diritto umanitario le pare oggi sottomesso alle logiche statali?
Non sarei troppo pessimista. Ciò è vero solo in parte. Le Ong di pronto intervento o assistenza possono recarsi generalmente nei Paesi colpiti, come pure in questo caso. Gli Stati non sono blindati rispetto agli aiuti. Diciamo che applicano considerazioni geopolitiche soprattutto nei confronti degli altri Stati. E questo è vero da sempre. Pragmaticamente, conviene promuovere attori efficaci come le Ong, rallegrandosi soprattutto dei progressi continui che si realizzano, di cui troppo poco si parla. Penso ad esempio al terremoto ad Haiti nel 2010. In un paio di settimane, migliaia di feriti gravi furono operati. Qualcosa, credo, di semplicemente inedito nella storia dell’umanità.