Comincia a definirsi in modo più chiaro la strategia occidentale nei confronti dell'occupazione da parte del Califfato islamico di vaste aree del Medio Oriente. Le diplomazie occidentali e del mondo arabo moderato si sono riunite a Londra per affinare la strategia contro l'Is: a Lancaster House, a pochi passi da Buckingham Palace, si sono ritrovati i 21 ministri degli Esteri del comitato ristretto del fronte anti-jihadisti, a cui aderiscono una sessantina di Paesi. Presenti, anche, il segretario di Stato Usa, John Kerry, e il titolare della Farnesina, Paolo Gentiloni, oltre a rappresentanti di varie organizzazioni come Ue e Onu. Spicca, invece, l'assenza del ministro giapponese, Fumio Kishida, impegnato in una disperata corsa contro il tempo per salvare la vita ai due ostaggi nipponici nelle mani dei sanguinari terroristi sui cui pende un ultimatum dell'Is che scade all'alba di domani. Ci vorrà un anno o due per "espellere" i miliziani del Daesh (l'acronimo arabo di Isis o Is) dalle porzioni di territorio che hanno occupato, a cavallo di Iraq e Siria, ha detto il ministro degli Esteri britannico, Philip Hammond, prima della riunione. La strada imboccata, ha aggiunto, è quella giusta, anche perchè l'Is sembra aver perso la spinta propulsiva sul terreno, ma molto resta ancora da fare: arginare innanzitutto il flusso di fanatici che si uniscono alle fila dei jihadisti, tagliare i rifornimenti e rispondere a una "retorica" che fa ancora tanti proseliti. All'incontro, con anche il premier iracheno, Haider al-Abadi, si svolge all'indomani dell'annuncio delle forze curde in Iraq che hanno "spazzato" via i jihadisti da una porzione di 800 chilometri quadrati di territorio e interrotto i rifornimenti tra Mosul e le roccaforti occidentali vicino alla Siria. Ovviamente un tema centrale della riunione è quello dei "foreign fighters", i combattenti islamisti che arrivano in Siria e Iraq da Europa e Nord America e che poi possono trasformarsi, al loro rientro, in cellule terroristiche operanti nei paesi di origine. Secondo una fonte dell'amministrazione americana, sarà creato un gruppo di lavoro per lo scambio di informazioni sui loro movimenti.
Gentiloni: anche in Italia rischio infiltrazioni Prima della riunione, Gentiloni ha confermato che anche l'Italia è a rischio "infiltrazioni" da parte del terrorismo jihadista e che l'Italia è un potenziale obiettivo anche "per il richiamo dei simboli della cristianità". Non si può escludere "che nella situazione odierna non ci possano essere dei rischi, sui quali per fortuna vigilano i nostri servizi di intelligence e gli apparati di sicurezza". "idiozia confondete terrorismo e immigrazione" Il titolare della Farnesina ha poi ribadito con forza che "confondere terrorismo e immigrazione, oltre che un regalo al terrorismo, è un'idiozia". "Nessun Paese democratico - ha precisato Gentiloni - può avallare alcuna confusione fra fenomeni migratori e terroristici". Perché, ha aggiunto, "diffondere l'idea che dietro i barconi di disperati che approdano sulle nostre coste si annidi il terrorista col kalashnikov sarebbe un errore culturale oltreché improbabile dal punto di vista tecnico".