Lucila Quintana direttrice della «Junta nacional del café» in Perù
È la direttrice della Junta nacional del cafè, con 56 cooperative è la più importante federazione peruviana dei “cafetaleros”: 70mila famiglie di coltivatori. Lucila Quintana Acuna, è stata pure presidente della Conveagro, la confederazione dei piccoli produttori risponde mentre è in visita a una cooperativa a Utcubamba, nel cuore dell’Amazzonia.
Quale impatto ha avuto il Covid sulle cooperative dei cafetaleros e sui lavoratori più anziani?
L’impatto è stato molto forte anche per la caratteristica del settore produttivo del caffé, che si concentra principalmente nella zona Amazzonica, la regione più abbandonata e più colpita dal Covid con scarsa copertura di servizi sanitari, pochissima copertura Internet per la didattica a distanza nelle scuole, e per la restrizione del commercio. Un effetto particolarmente gravoso per le donne che, da produttrici, si sono accollate l’onere dell’assistenza ai malati della famiglia, e per gli anziani: molte perdite umane fra di loro sono dovute alla mancanza di accesso ai servizi.
Quali gli effetti delle misure di contenimento sociale e della mancanza di strutture sanitarie per gli anziani?
Il Perù è uno dei Paesi con un più alto tasso di mortalità da Covid perché il sistema sanitario carente è collassato: non c’erano posti in terapia intensiva e gran parte degli anziani non ha avuto accesso ai servizi sanitari. Anche in Perù, molto spesso, ci si è trovati davanti alla scelta drammatica di dover scegliere tra il salvare un giovane o una persona anziana. Molti anziani, per questa regione, sono deceduti a casa senza nemmeno essere registrati dalle statistiche.
La pandemia ha pure scoperchiato l’universo dei lavoratori informali, molti di loro anziani. Come state soccorrendo questo esercito di anziani senza nome e spesso senza diritti?
Alla informalità pre-esistente, si è aggiunto un altro grave problema per i lavoratori formali: il Perù è stato uno dei pochi Paesi dove il governo ha permesso il licenziamento in tutte le imprese che avessero dimostrato l’incapacità di pagare i salari. Così sia nella zona urbana che in quella non urbana il lavoro informale, durante la pandemia, è esploso creando un forte aumento del precariato. Le persone anziane che erano già o sono precipitate nell’economia informale hanno avuto un impatto molto doloroso, ma il fenomeno generalizzato ha colpito anche i giovani.
La mancanza di un sistema di previdenza – solo il 30-40% della popolazione attiva paga contributi in Perù – è un motivo di ulteriore fragilità per la terza età. Come, in Perù, si cerca di costruire un sistema di protezione sociale?
Il governo durante la pandemia, di fronte alla mancanza di entrate, ha autorizzato il ricorso al Tfr. In questo modo si sono prosciugate le casse del sistema previdenziale, con un peggioramento della previdenza futura. La risposta delle organizzazioni “cafetalere” – avviato dalla Junta con Progetto mondo-Mlal – è stato il progetto “Caffé corretto”. Si sono sensibilizzati i coltivatori a pagare dei contributi volontari per avere un sistema pensionistico in parte privato e si stanno sperimentando delle formule previdenziali innovative per il futuro: in particolare si vuole sfruttare del legname pregiato a fini pensionistici attraverso la vendita negli anni futuri di legno certificato.
Come si possono soccorrere le donne anziane, che rischiano di essere le più penalizzate durante la pandemia?
Le conseguenze della pandemia, già molto gravoso come detto per le donne, sulle più anziane ha avuto un impatto soprattutto economico. Senza forme di previdenza, l’unico reddito che in genere ricevono per sopravvivere sono le rimesse di familiari all’estero o in città. Bloccatosi questo flusso, vi è stato in pochi mesi un forte impoverimento. Si è cercato di rispondere con delle cucine comuni o con artigianato locale per generare un reddito di sopravvivenza.