A esattamente cento anni dalla fine della prima guerra mondiale, con la fine dell’impero asburgico e l’annessione italiana del Trentino-Alto Adige, nel 2018 potrebbe avverarsi uno dei sogni degli irredentisti altoatesini: ottenere il passaporto austriaco.
Neppure in carica, già il nuovo governo austriaco tra popolari (Övp) e l’ultra destra dei liberalnazionali (Fpö) scatena la prima tempesta. E questo proprio nel giorno dell’insediamento: ieri alla Hofburg (l’ex palazzo imperiale ora sede della presidenza della Repubblica) di fronte al capo dello Stato, il verde Alexander Van Der Bellen, ha prestato giuramento il giovanissimo neo-cancelliere popolare Sebastian Kurz (31 anni), che ha catapultato il suo partito al primo posto con il 31,5% al voto del 15 ottobre (la Fpö è arrivata terza con il 26% dietro al 26,9% dei socialdemocratici del cancelliere uscente Christian Kern).
Con lui hanno giurato il vice-cancelliere Heinz-Christian Strache (leader Fpö) e gli altri ministri. L’ultra-destra ha, oltre al vice-cancelliere, quattro ministeri: Interni (in mano al numero due di Strache, Herbert Kickl, considerato l’ideologo del partito), Difesa, Esteri e Infrastrutture. Ieri 5.500 persone sono scese in piazza contro il nuovo governo, mentre Israele ha annunciato che boicotterà i ministri Fpö – un problema per la neo-titolare degli Esteri Karin Kneissl. «Il centenario potrebbe essere un’ottima occasione – diceva intanto, proprio a Bolzano, Werner Neubauer, deputato Fpö con delega per l’Alto Adige – i sudtirolesi potranno richiedere la cittadinanza austriaca già nel 2018, al più tardi all’inizio del 2019». Così, ha rincarato, «gli altoatesini potranno gareggiare per la nazionale austriaca», e arruolarsi nell’esercito austriaco. La mossa è un vecchio cavallo di battaglia dei liberalnazionali, ed è iscritta nell’accordo di governo siglato la scorsa settimana. Vienna può farlo, ha ricordato ieri un portavoce della Commissione Europea: «Sono gli Stati membri responsabili per la concessione dei passaporti». È chiara però la portata simbolica che rischia di riaccendere vecchie tensioni.
Come si vede dalle parole di fuoco della leader di Fratelli d’Italia Giorgia Meloni, che denuncia una «secessione mascherata» e chiede l’intervento del presidente Sergio Mattarella. «Faremo barricate, giù le mani dall’Italia», ha tuonato. Neubauer ha ammesso che Roma non è stata ancora ufficialmente informata, ma ha sostenuto che Kurz – allora in veste di ministro degli Esteri – ne aveva accennato, a margine di un incontro dell’Osce a Vienna, al capo della Farnesina Angelino Alfano. Si tratta, ha detto ieri quest’ultimo, di una «discussione da affrontare con grande delicatezza», di cui «parleremo nei termini che sono più coerenti con la nostra storia e con la tutela delle nostre popolazioni e dei nostri concittadini che hanno sempre avuto una posizione molto chiara in merito».
Non certo un buon inizio per il nuovo governo, anche se il clima è decisamente meno teso dei tempi del primo governo Övp-Fpö, nel 2000. Nessuno ora parla di sanzioni contro Vienna, Kurz ha cercato di tranquillizzare i partner, promettendo di lavorare per l’Ue ed escludendo un referendum per un’uscita dell’Austria dall’Unione. Non a caso, la sua prima visita, oggi, sarà proprio a Bruxelles dove vedrà i vertici dell’Ue. «Ho fiducia – scrive il presidente del Consiglio Europeo Donald Tusk a Kurz – che il nuovo governo continuerà giocare un ruolo costruttivo e pro-europeo nell’Ue». Messaggi analoghi anche dalla cancelliera tedesca Angela Merkel e dal presidente francese Emmanuel Macron. Lo stesso Van Der Bellen si è mostrato soddisfatto, essendo riuscito a smussare vari angoli, anzitutto sul fronte Ue, e bloccando volti impresentabili che l’Fpö avrebbe voluto come ministri. Rimane il pugno duro su immigrazione e richiedenti asilo. E qui un nuovo scontro si profila con l’Italia: il nuovo governo rifiuta la ridistribuzione di richiedenti asilo, e annuncia il rafforzamento dei controlli delle frontiere interne, il che fa temere il ritorno ai controlli al Brennero.