Il procuratore internazionale Khan in un istituto per minori nel sud dell'Ucraina, da cui sono stati portati via i bambini nei territori controllati dalle forze russe - Procura della Corte penale internazionale
«I bambini non possono essere trattati come bottino di guerra». Le parole di Karim Khan proferite in mezzo a una dozzina di culle vuote pesano più di un’accusa. La foto del capo della procura della Corte penale internazionale dell’Aja in un istituto ucraino che ha visto deportare i bambini in Russia è già parte del fascicolo d’inchiesta sui crimini di guerra.
Per Mosca è impossibile negare. Le prove dei trasferimenti forzati arrivano adesso anche da chi è riuscito a ritrovare i bambini. Kiev ha rivelato che dall’inizio della guerra 307 minorenni sono rientrati nei territori sotto il controllo ucraino. Ma all’appello ne mancano almeno 16mila. L’ultimo a sfuggire alla “rieducazione” è un ragazzino di 8 anni ricongiunto alla nonna pochi giorni fa. Una ricerca disperata che Avvenire aveva raccontato, proteggendo l’identità del bimbo e della donna che aveva tentato perfino di andare in Russia attraverso la Bielorussia per recuperare il nipotino, ma venne respinta alla frontiera. «Alla fine di febbraio, l’ufficio del Commissario per i diritti umani ha ricevuto una richiesta di aiuto per riportare indietro un bambino che si trovava nel territorio temporaneamente occupato dalla Russia», ha dichiarato il difensore civico ucraino Dmytro Lubinets, che non ha voluto fornire dettagli sull’operazione di recupero del piccolo.
«I disegni appesi alle pareti e gli armadietti pieni di vestiti parlavano di un contesto di amore e sostegno che un tempo qui c’era», ha detto il procuratore dell’Aja raccontando i momenti trascorsi pochi giorni fa in un istituto nell’Ucraina del Sud, a due chilometri dalla linea del fuoco, in una zona inizialmente occupata dai russi. Al momento della ritirata, però, i bimbi non erano più nella residenza statale. «Questa casa era vuota, a causa della presunta deportazione dei bambini dall’Ucraina alla Federazione Russa o del loro trasferimento illegale in altre parti dei territori temporaneamente occupati», ha detto Khan. «Come ho fatto notare al Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite lo scorso settembre - ha ricordato -, il mio Ufficio sta indagando su questi presunti atti in via prioritaria. I bambini non possono essere trattati come un bottino di guerra».
Da Mosca non è arrivata nessuna collaborazione, né con le Nazioni Unite, a cui il Cremlino non ha mai risposto, come aveva confermato ad Avvenire l’alto commissario per i rifugiati Filippo Grandi, ne alla Corte penale internazionale, che Mosca (come gli Usa) non riconosce. «Mi rivolgerò ancora una volta alle autorità della Federazione Russa - ha promesso Khan - e cercherò la loro collaborazione con il mio Ufficio».
Le indagini sulle sparizioni e le adozioni illegali in Russia avranno la precedenza grazie all’istituzione, appena varata dal governo di Kiev, dell’Ufficio Nazionale della Corte Penale Internazionale in Ucraina. «Ciò ci consentirà di migliorare in modo significativo la nostra attuale presenza sul campo - dice Khan -, aumentare le missioni in tutta l’Ucraina e, soprattutto, consentirci di lavorare più a stretto contatto con i sopravvissuti, i membri delle comunità colpite e la società civile». Secondo quello che il procuratore definisce come un «imperativo»: «I bambini non devono più essere le vittime dimenticate dei conflitti».
Altre conferme alle accuse di deportazione arrivano dall’Ufficio per i diritti umani del Consiglio d’Europa, l’organismo internazionale di cui fa ancora parte la Russia (tuttavia sospesa dalla rappresentanza nel Comitato dei ministri) e che regola il funzionamento della Corte europea dei diritti dell’uomo. Il commissario Dunja Mijatovi , al termine di una visita in Ucraina ha ribadito di aver ricevuto prove credibili della «violazione dei diritti umani di innumerevoli bambini ucraini». Secondo Mijatovi «molti altri bambini ucraini colpiti dalla guerra sono stati portati o sono finiti nella Federazione Russa o nei territori occupati dalla Russia in Ucraina». Le circostanze variano notevolmente. «Una categoria è costituita da orfani e bambini in istituti che risiedevano nelle regioni dell’Ucraina occupate dalla Russia - ha spiegato - e che sono stati portati in Russia prima dell’aggressione dello scorso anno, già dal 2014. Altri sono stati portati in Russia da istituti di assistenza situati nelle regioni dell’Ucraina che sono passate sotto l’occupazione o il controllo temporaneo delle forze russe dopo il 24 febbraio 2022». Le autorità russe hanno fatto ampie ammissioni, tuttavia «sostengono che i bambini sono orfani o privi di cure parentali». Una versione che, anche a prenderla per buona, serve giustificare il mancato impegno per contattare i parenti dei bambini o i loro tutori legali in Ucraina.
«Il trasferimento forzato, la deportazione e l’adozione di bambini ucraini è una chiara violazione dei diritti umani dei bambini e del diritto internazionale umanitario», ribadisce Human Right Watch che ha ottenuto ulteriori conferme all’esistenza di campi di rieducazione per bambini ucraini affidati anche ai corpi speciali ceceni. «Ci deve essere giustizia per i reati di trasferimento forzato», insiste Hrw che ritiene «ancora più urgente per questi stessi bambini traumatizzati, che le Nazioni Unite, le sue agenzie competenti e tutti i governi interessati lavorino per riunirli alle loro famiglie. Dovrebbero essere cresciuti dai propri parenti nella propria cultura e comunità».