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Dopo l’Ucraina la guerra non sarà più come prima. I droni si sono impossessati della scena e non la abbandoneranno presto. Mai si era visto un impiego così massiccio di robot aerei, marittimi e terrestri. Purtroppo è il trionfo dell’intelligenza artificiale piegata a scopi bellici. Russi e ucraini si stanno prodigando in uno sforzo immane: stanno sfornando droni a iosa, di ogni tipo e dimensione. Alcuni sono ingegnosi. Sfidano la fisica del volo e del nuoto: i droni sono i kamikaze del XXI secolo, federano militari e civili, fondi pubblici e privati, spinoff universitari e grossi attori come Kalashnikov, Rostec, Ua Dynamics, Athlon Avia e Ukrspecsystem. Tutti concorrono alla guerra, con soluzioni talvolta inedite, capaci di rivoluzionare il conflitto aero-navale e di imporre nuove sfide agli stati maggiori.
Che cosa fanno i droni
Nei due eserciti, russo e ucraino, i droni stanno giocando molti ruoli: vanno all’attacco, fanno intelligence, guidano le armi, sono ponti di comunicazione, combattono missioni di guerra elettronica e ingannano il nemico. Filmando le distruzioni, diffondono immagini vincenti, utili per impressionare il pubblico globale e alimentare la propaganda interna. Come se non bastasse, queste macchine sovvertono i ruoli appartenuti un tempo ai jet e alle cannoniere navali, troppo vulnerabili ai missili. Il cacciabombardiere classico ha i giorni contati. Ne esce ridimensionato: è un lusso che costa troppo e, se abbattuto, priva in un colpo solo di uomini irrimpiazzabili. I russi lo sanno. Non si avventurano più in Ucraina: da oltre un anno, i loro aerei bombardano solo dalla Bielorussia, dal mare e dall’oltrefrontiera. Un monito preoccupante per tutti.
Le “lezioni” apprese
Gli occidentali osservano stupefatti e adottano misure urgenti: d’ora innanzi i loro cacciabombardieri combatteranno scortati, preceduti da sciami di droni intelligenti, economici e sacrificabili. Anche in mare si copierà l’Ucraina, prima nazione al mondo ad avere una brigata interamente equipaggiata con droni, che navigano in superficie o semi-sommersi. Tutto quanto emerge dal conflitto in corso fa “scuola”: i droni-esca si stanno imponendo come un nemico esiziale. Sono l’incubo della contraerea, perché la obbligano a svelarsi, esponendola ai missili tradizionali. Di più: il trio drone-artiglieria-guida satellitare sta agitando spauracchi imprevisti per i carri armati e i blindati. Mai, prima dell’Ucraina, i droni avevano provocato così tante distruzioni, opera dell’Aerorozvidka degli uni e dei Lancet degli altri.
Si alzano gli scudi
Il fenomeno è inedito, studiato attentamente nelle scuole di guerra occidentali. In America, come in Europa, è già corsa agli scudi, che dovranno proteggere dai robot volanti le colonne motorizzate, altrimenti nessuno oserà più sedersi all’interno di un tank o di un blindato. I carri e molti veicoli saranno in futuro semiautonomi e senza equipaggio. Un espediente per ridurre il tasso di letalità. Le colonne in marcia saranno scortate da flotte di droni, che scruteranno tutto e risponderanno ai missili nemici. Le retrovie saranno sigillate da radar integrati, perché l’Ucraina insegna che non ci sono più santuari inviolabili. Con i droni a lunghissimo raggio, autoprodotti, Kiev sta insidiando ormai anche la Moscovia, a 500 chilometri dal fronte. La guerra è in casa della Russia.
Gli obiettivi di Kiev
Colpire a distanza, permette all’Ucraina di conseguire tre risultati: uno: sbeffeggiare le difese aeree nemiche, smascherandone l’impotenza; due: insidiare depositi, basi militari e centri di potere, imponendo un logorio costante all’avversario; tre: testare le capacità di resistenza russe, con un’escalation progressiva di obiettivi colpiti: si era partiti con l’affondamento dell’ammiraglia del Mar Nero, ampliando poi il raggio d’azione a Belgorod, sul confine, per arrivare quindi al ponte di Kerch, in Crimea, simbolo dell’imperialismo russo e polmone delle armate occupanti. Non paga, Kiev ha messo piano piano nel mirino pure le basi dei bombardieri nucleari e la capitale russa.
L’«operazione Mosca»
L’“operazione Mosca” ordita da Kiev con i Castori (questo il nome, tradotto, dei droni Beaver usati dagli ucraini), disturba e spaventa: blocca gli aeroporti della capitale, paralizzandone il traffico. Appaga il desiderio di vendetta ucraino e mette a dura prova la popolazione nemica, colpendo la borghesia urbana, la più avulsa dalla guerra e dal fascino delle armi. Ha risvolti psicologici, forieri di possibili rivolte, perché nessuno ama che la guerra gli arrivi dentro casa. Costringe infine l’Armata Rossa a militarizzare le città, sguarnendo il fronte per tutelare i centri urbani. Potere dei droni, tacciati troppo frettolosamente in passato di essere l’artiglieria dei poveri. Ne sentiremo ancora parlare perché, purtroppo, la guerra ha fin troppi estimatori fra le élite politiche.