Un fermo immagine della Cnn mostra centinaia di persone incarcerate e bendate nello Xinjiang - Ansa
Una «guerra» non dichiarata, invisibile. Una «guerra» massiccia, tentacolare. Una «guerra» fatta di detenzioni di massa, torture, sorveglianza che ha finito per creare «un paesaggio distopico infernale di proporzioni spaventose» nella regione dello Xinjiang. Una «guerra» che la Cina sta combattendo non contro un altro Stato, non contro un nemico dichiarato ma contro le minoranze – uighuri, kazachi, uzbechi – della regione che scheggiano la pretesa compattezza con cui il regime vuole presentarsi al mondo. L’accusa, durissima, arriva da Amnesty International. A maggio uno studio pubblicato dall’Australian Strategic Policy Institute aveva accusato la Cina di praticare una politica genocidaria nello Xinjiang. «Dovrebbe scuotere le coscienze umane che un numero gigantesco di persone sia stato sottoposto a lavaggio del cervello, tortura e altri trattamenti degradanti nei campi di internamento, mentre milioni di altre persone vivono nel terrore sottoposti a un fortissimo apparato di sorveglianza» e costrette ad «abbandonare le loro religione, tradizioni e cultura», ha dichiarato Agnès Callamard, segretaria generale di Amnesty International. Che non ha esitato di parlare di «crimini contro l’umanità».
Le conclusioni del rapporto «Come nemici in guerra» si basano su testimonianze raccolte tra ottobre 2019 e aprile 2021, sull’analisi di immagini satellitari, su dati ufficiali e su documenti governativi trapelati al pubblico. Amnesty International ha intervistato oltre 50 ex detenuti, molti dei quali non avevano mai preso la parola in precedenza, così come molte altre persone residenti nello Xinjiang a partire dal 2017 tra cui 70 parenti di persone scomparse o detenute, informatori del governo, giornalisti. Secondo l’Ong, le autorità cinesi «hanno realizzato uno dei più sofisticati sistemi di sorveglianza del mondo e costruito centinaia di centri per la “trasformazione attraverso l’educazione”, veri e propri campi d’internamento». La vita dentro questo «paesaggio distopico», secondo lo studio, sarebbe scandita da pestaggi, scariche elettriche, privazione di cibo acqua e sonno, esposizione a temperature estreme e uso di strumenti di contenzione come le “sedie della tigre”, sulle quali si rimaneva bloccati a volte per 24 ore.
La reazione di Pechino è stata furente. Per il portavoce del ministero degli Esteri Wang Wenbin, Amnesty è un’organizzazione «che racconta storie e diffonde bugie. Il suo cosiddetto rapporto è solo un’aggiunta alle sue bugie».