I missili di fabbricazione statunitense Atacms sono già stati utilizzati in alcune occasioni a grande distanza dall’Ucraina: il limite posto dalla Casa Bianca resta l’utilizzo di razzi in Russia solo la difesa di Kiev e della seconda città del Paese, Kharkiv - Ansa
Nel giorno in cui gli Usa autorizzano «a determinate condizioni» l’impiego di armi statunitensi contro il territorio russo da cui partono gli attacchi diretti sugli obiettivi civili in Ucraina, Mosca risponde con una raffica di operazioni balistiche contro Kherson, nel Sud, Kharkiv nel Nord, e di nuovo Odessa dove nella tarda serata di ieri un missile ipersonico ha centrato il porto.
Per la prima volta dall'inizio del conflitto, la più importante città portuale sul Mar Nero è stata colpita da un ordigno Caricato con esplosivi a grappolo, che hanno devastato un'ampia area, ferendo almeno due persone che transitavano in lontananza. La contraerea non è riuscita a fermare il missile prima che precipitasse al suolo. un salto di qualità negli attacchi di Mosca contro la città che nelle prime settimane di guerra ha rischiato di venire conquistata ma da allora e di fatto imprendibile via terra nonostante questo continua a subire attacchi.
Da Pechino è arrivato il prevedibile «no». La Cina non parteciperà alla conferenza di pace convocata in Svizzera. Mosca non è stata invitata, ed anche gli Usa non hanno ancora sciolto la riserva. Gli ucraini potranno adoperare le armi americane per colpire le basi in Russia da cui viene attaccata Kharkiv, ma non potranno utilizzare i missili terra-terra a lungo raggio Atacms. Lo scrive il Wall Street Journal, secondo cui questa limitazione rientra nello sforzo dell’amministrazione Biden per aiutare Kiev a difendersi meglio, evitando l’escalation verso uno scontro diretto tra Washington e Mosca. Il presidente ucraino Volodymyr Zelensky ha salutato la decisione degli Stati Uniti di revocare parzialmente le restrizioni come «un passo avanti verso l’obiettivo di difendere il nostro popolo nei villaggi al confine».
Secondo la Nato e la diplomazia di Bruxelles, colpire le basi russe da dove partono gli attacchi contro gli obiettivi civili in Ucraina sarebbe consentito dalle norme, ma poi è Kiev che deve assumersi la responsabilità di usare gli equipaggiamenti Nato «in conformità con il diritto internazionale e in modo responsabile», ha avvertito il segretario generale uscente dell’Alleanza, Jens Stoltenberg. Il fronte europeo non è così compatto. Rompendo gli indugi, Berlino ha dato l’ok. «L’Ucraina ha il diritto, garantito dal diritto internazionale, di difendersi dagli attacchi che provengono da oltreconfine. E questo anche con armi fornite dall’estero», ha detto il portavoce del cancelliere Olaf Scholz, definendo, però, per ora, un vincolo simile a quello Usa: colpire esclusivamente le postazioni russe situate lungo la fascia di confine, non all’interno. Sulla base delle ultime dichiarazioni si sono espressi favorevolmente Germania, Finlandia, Svezia, Paesi Baltici, Polonia, Repubblica Ceca, Danimarca, Olanda, Regno Unito, Canada e Francia, e già oggi potrebbe arrivare anche il «sì» della Romania.
In serata, il presidente ucraino Zelensky ha voluto ringraziare gli alleati e, in particolar modo, gli Stati Uniti: «Apprezzo la decisione del presidente Biden sull'uso da parte dell'Ucraina delle sue capacità di difesa. È un passo positivo che ci consentirà di proteggere meglio gli ucraini dal terrore russo e dai tentativi di espandere la guerra - ha scritto su X -. Dobbiamo continuare a compiere esattamente questi passi, decisivi ed efficaci, per garantire il vantaggio strategico del mondo democratico in questo confronto, in cui non si determina solo il destino dell'Ucraina. Insieme riporteremo la pace e riusciremo a garantire la sicurezza. Sono grato per il supporto vitale».
Tra i contrari, seppur fra distinguo e dibattiti interni, si contano Italia, Spagna, Belgio, Ungheria, Slovacchia e, probabilmente, Bulgaria. «Non capiamo perché l’Italia non voglia aiutarci fino in fondo, forse perché chi la governa non ha del tutto rotto i legami con Putin», commenta Vitaly, di ritorno dal turno di artiglieria. Il ministro degli Esteri Antonio Tajani ha ribadito che «non siamo in guerra con la Russia, noi difendiamo il diritto alla libertà e all’autodeterminazione dell’Ucraina». E il ministro della Difesa Crosetto ha spiegato che «Rispetto all’utilizzo delle armi che diamo all’Ucraina: devono essere necessariamente usate per la difesa di Kiev, che significa anche colpire i russi in Ucraina, ma non possono essere utilizzate nel territorio di un altro Paese». Al ritmo di cento colpi di artiglieria al giorno, Kherson sopravvive alla guerra facendosi forza di un detto divenuto popolare: «Meglio questo che tornare sotto i russi». Pavel è vivo per 15 minuti: «Ho preso il bus in ritardo e quando sono arrivato al negozio, ho trovato la fermata distrutta». Il piccolo market di alimentari è a 20 metri dal punto in cui è caduto il colpo di mortaio: pensilina distrutta, infissi e vetrate sfondate per decine di metri, ma nessun ferito per una pura casualità. Il colpo era partito dall’altra parte del fiume, dove i russi occupano metà distretto di Kherson e non c’è modo di rimandarli indietro.
Già in queste ore alcuni missili sparati dalla marina ucraina hanno colpito un terminale petrolifero nel porto russo di Kavkaz, nella regione di Krasnodar. L’operazione rientra nel piano dei servizi segreti ucraini con l’esercito per disturbare la logistica delle forze russe nella Crimea annessa. Una fonte militare ucraina, non smentita da Mosca, ha anche dichiarato che tra giovedì e venerdì alcuni droni ucraini hanno colpito un sistema Radar, dopo i tre danneggiati nei giorni scorsi lungo direttrici fino a 1.800 chilometri dal confine ucraino. Secondo il Sbu, il servizio segreto di Kiev, questa serie di attacchi mirati hanno accecato per migliaia di chilometri la difesa aerea russa. Se in pubblico le parti si scambiano parole al vetriolo, nei retrobottega della politica i contatti tra i due fronti restano. E ieri Mosca e Kiev si sono scambiati 150 prigionieri, 75 per uno, oltre ai corpi di 212 soldati ucraini caduti e restituiti alle forze di Kiev. Tra i militari tornati in libertà anche un gruppo catturato nel primo giorno di guerra sull’Isola dei Serpenti, al largo di Odessa, alcuni dei quali venivano dati per morti.