Sette anni dopo l’inizio della tragica guerra civile (QUI IL BILANCIO), tutta la Siria – in un completo ribaltamento storico – si fronteggia nella Ghouta orientale. L’antica oasi a est della capitale, sotto assedio delle forze governative dal 2013 ed estremo baluardo dell’opposizione al regime, è l’ultimo fronte ancora aperto ad eccezione da quello turco-curdo di Afrin e della indomabile provincia di Idlib, divenuto rifugio di tutte le diverse opposizioni ad Assad.
Oggi dalla Ghouta orientale sono fuggiti almeno 20mila i civili. L’esodo è avvenuto attraverso un corridoio umanitario dalla città di Hamuriya, al centro della Ghouta. È il più grande spostamento di persone da quando il 18 febbraio scorso le truppe governative hanno lanciato il loro assalto finale all’enclave ribelle provocando circa 1.200 morti.
Nell’«oasi» di Damasco si scontrano per procura tutte le potenze regionali, Turchia compresa. I servizi di intelligence di Ankara, ha infatti dichiarato un portavoce del presidente turco Erdogan, sono al lavoro per rimuovere dalla Ghouta i miliziani jihadisti di al-Nusra e di altre formazioni, stimati tra «300 e 1.000 unità».
Se la Turchia rivendica una presenza nella battaglia nella zona ribelle a est di Damasco, oggi il portavoce di Erdogan ha pure dichiarato che «più del 70%» della regione di Afrin è stata «messa in sicurezza» con l’operazione “Ramoscello d’ulivo” delle Forze Armate turche e dei ribelli siriani alleati. Ankara auspica che «molto presto» il centro della città di Afrin – capoluogo dell’omonima enclave curdo-siriana – sia «liberato» dalla presenza dei «terroristi»: così il governo turco definisce le milizie curde dell’Ypg.
Nelle ultime 24 ore, riferisce sempre l’Osservatorio siriano, sono oltre 30mila i civili sono scappati dalla città di Afrin per sfuggire ai bombardamenti sulla città. L’operazione di Ankara ha sinora «neutralizzato» (uciso, ferito o arrestato) 3.524 «terroristi». Ma Recep Tayyip Erdogan, ha dichiarato che l’operazione attualmente condotta ad Afrin sarà poi estesa ad altre città chiave controllate dai curdi procedendo verso la frontiera con l’Iraq.