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Parata di soldati a Pyongyang - ANSA
Si arricchisce di nuove trame, non sempre intellegibili, la saga del contingente nordcoreano affiancato ai russi nella riconquista del saliente ucraino del Kursk. Funzionari anonimi, statunitensi-ucraini, citati dal quotidiano americano New York times, riferiscono che le truppe del Regno Eremita non sarebbero più al fronte da due settimane: per una pausa operativa, riorganizzarsi e riprendere la missione o per un ritiro definitivo?
Per il portavoce del Cremlino, Dmitrij Peskov, girano troppe opinioni sul tema, fra loro diverse, «corrette e scorrette, false e distorsive della realtà». Peskov taglia corto a chi gli chiede un commento sull’articolo di stampa: «Assolutamente no. Probabilmente non è appropriato commentare ogni volta queste cose. Non lo faremo». Il capo di Stato maggiore generale delle forze armate ucraine, Oleksandr Syrsky, e il suo presidente, Volodymir Zelensky, hanno riferito più volte dei problemi nordcoreani: del corpo di spedizione, forte in autunno di 11-12mila effettivi, più di un terzo sarebbe stato ucciso in battaglia.
«Guerrieri feroci», secondo le truppe ucraine che li hanno fronteggiati, i nordcoreani non hanno deluso le aspettative. Hanno una barriera linguistica limitante il coordinamento con i commilitoni russi e sono stati spesso mandati allo sbaraglio, con pochi blindati e poche armi antidrone, l’incubo dei fanti e dei carristi. Per le fonti del New York Times, quei combattenti «si fermavano raramente per riorganizzarsi o per ritirarsi, avanzando in maniera disorganizzata sotto il fuoco nemico». Eppure si sono rivelati funzionali all’obiettivo russo: dal loro arrivo nel Kursk, hanno drenato risorse ucraine e i paracadutisti delle unità aviotrasportate dello zar, Vladimir Putin, sono riusciti a imbastire più di un contrattacco, specie nel quadrante di Sudza, spesso avanzando dove prima fallivano.
Élite delle forze speciali, parte dei nordcoreani si è rivelata essere un puntello ai margini di manovra russi, altrettanto importante dei trasferimenti di munizioni e di artiglierie, semoventi e a canna multipla, di cui il regime di Pyongyang trabocca. Vigente ormai un patto di mutua difesa fra Russia e Nordcorea, potrebbe esserci perfino un avvicendamento di truppe, in fieri, che, secondo fonti dell’intelligence ucraina, potrebbe riguardare unità coreane non di prima linea, né carne da cannone, ma forze di artiglieria, copiose, mandate per ammaestrare i russi alle armi e ai missili nordcoreani e per azioni di fuoco contro le retrovie ucraine.
Le fonti del quotidiano statunitense non si sbilanciano sul futuro nordcoreano nel Kursk: non sanno se i combattenti attuali riprenderanno posizione al fronte, ma neppure lo escludono. Sebbene il saliente resista alla riconquista, a sei mesi dalla massima espansione si è ridotto in superficie di oltre la metà e i russi avanzano, lentamente, ma inesorabilmente, anche nell’est ucraino: ieri hanno conquistato un altro villaggio, nel Donetsk, Novovasilyevka, e combattono la più parte degli scontri nell’avviluppare Pokrovsk, teatro di una delle battaglie più complesse, articolate e importanti dei decenni post guerre mondiali. Se ghermita, Pokrovsk permetterebbe di ipotizzare assalti alla cintura fortificata del Donbass e di puntare, sebbene inverosimilmente, all’oblast di Dnipro, passo ulteriore dopo la conquista di Vulhedar, Velyka Novosilka, Toretsk, e la quasi completa espugnazione di Chasiv Yar, vittorie dispendiose, faticose, ma consecutive.