Abu Mohammed al-Jolani - ANSA
Chi sei tu, Abu Mohammed al-Jolani, nuovo padrone della Siria? Sei il fanatico qaedista che venerava l’11 settembre delle Torri Gemelle? Sei l’erede dello scomparso Stato islamico, il Daesh spazzato via insieme al suo califfo e ai ribelli qaedisti di al-Nusra? O sei soltanto il leader di Hts, quell’Organizzazione per la liberazione del Levante, che ora sorride, blandisce, rassicura, motteggia tolleranza? Quello che dice: «Vedete?, non ho fatto del male a voi cristiani», per poi aggiungere: «Nessuno ha il diritto di cancellare un altro gruppo. Queste comunità religiose hanno coesistito in questa regione per centinaia di anni e nessuno ha il diritto di eliminarle». Sembra sincero, Al-Jolani, mentre strizza l’occhio alla modernità («Da noi le donne girano libere, fumano sigarette, guidano le automobili…»), lasciando tuttavia tralignare un lampo di crudele presagio che sembra dire: «I taleban in Afghanistan al nostro confronto sono un modello di tolleranza e di inclusione…».
Quarantatré anni, vero nome Ahmed Husseyn al-Shareh, figlio di un militante del partito filonasseriano Ba’ath, nato in una famiglia benestante e cresciuto a Damasco nel ricco quartiere di Mezzeh, studi inconclusi di medicina, Joulani si intruppa nelle file di al-Qaeda subito dopo l’11 settembre, seguace di al-Zawairi, il più radicale dei discepoli di Benladen.
Arrestato e gettato in prigione, fa ritorno in patria e fonda Jabhat al-Nusra, l’ala siriana di al-Qaeda.
Pragmatico, elusivo, Jolani non è privo di ambiguità. Alleato di Erdogan, vorrebbe esserlo anche degli americani, gli stessi che sulla sua testa avevano posto una taglia di 10 milioni di dollari, offerti dalla Cia a chi poteva fornire informazioni utili alla sua cattura. Chi lo conosce bene dice che per anni Al-Joulani è stato snobbato dalla borghesia damascena: veniva del Golan, era uno sfollato. Oggi si prostra davanti alla moschea degli Omayyadi e ringrazia il suo dio per aver liberato la Siria dal giogo malefico degli alauiti del clan Assad. Ostenta modestie da Cincinnato e il proposito di ritirarsi non appena compiuta la rivoluzione, ma dal suo passato trapela il crudele nichilismo dei tagliatori di teste del Daesh, l’opera di reclutamento e di proselitismo che grazie ai tanti siti web ha consentito a migliaia di giovani aspiranti jihadisti, ma anche e soprattutto ai delusi e agli influenzabili di abbeverarsi al fanatismo del suo grande amico, lo sceicco Abu- Bakr al-Baghdadi, apprendendo tecniche e strategie per meglio colpire l’Occidente e quella porzione di Islam che a giudizio degli intransigenti non è più conforme all’ortodossia wahabita.
Da “qaid amm” (traducibile con Commander in chief), al-Jolani accusa l’Iran e Hezbollah di essere un pozzo di corruzione e la Siria la base eletta per la produzione di Captagon (le pasticche di anfetamine che dilagano nel Medio Oriente con gli stessi deleteri effetti del fentanyl negli Stati Uniti), promettendo pulizia, rigore, giustizia. Una novità, almeno a parole. Anche il suo aspetto è cambiato rispetto al passato: dalla lunga barba salafita cara ai taleban e ai fratelli musulmani, al-Joulani è passato a un più castigato look vetero-castrista, uniforme verde e barba corta e meglio curata, eloquio misurato e sguardo colmo di benevolenza. La faccia per bene del neo-jihadismo. Peccato che Jolani per primo conosca la faccia per male del regime degli Assad. Lui c’è stato, ha dimorato anni nelle loro galere, sa chi comandava e chi eseguiva. E sono gli stessi che ora gli offrono un sorriso di composta gratitudine, venato dal gelo di un terrore atavico che si trasmette e si propaga ad ogni scossone della Storia, quando i vinti diventano vincitori e – da che mondo è mondo, dallo Scià a Khomeini, da Sihanouk ai Khmer Rossi, da Karzai ai taleban – terminati i sorrisi e i salamelecchi si provvede alla grande inevitabile purga in nome del giacobinismo, eterna categoria della Storia che non risparmia nemmeno l’islam.
E allora torniamo a quella domanda ancora inevasa: chi sei tu, Abu Mohammed al-Jolani, chi sei davvero? Ma forse è ancora presto per saperlo.