venerdì 19 luglio 2024
La sentenza non vincolante della Corte internazionale di giustizia fa infuriare Netanyahu. Dallo Yemen gli Houthi colpiscono la seconda città israeliana: un morto e otto feriti
Un poliziotto raccoglie frantumi di vetro da una finestra dell'edificio colpito da un drone a Tel Aviv

Un poliziotto raccoglie frantumi di vetro da una finestra dell'edificio colpito da un drone a Tel Aviv - Ansa

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L’occupazione dei territori palestinesi da parte di Israele è «illegale» ed è un’«annessione di fatto» che deve cessare «il più rapidamente possibile». Lo stabilisce una sentenza non vincolante della Corte internazionale di giustizia dell’Aja, il più alto tribunale delle Nazioni Unite (da non confondere con la Corte penale internazionale, anch’essa con sede all’Aja).

«Gli insediamenti in Cisgiordania e a Gerusalemme Est, e il regime ad essi associato, sono stati creati e mantenuti in violazione della legge internazionale» ha detto il presidente del tribunale Nawaf Salam leggendo la sentenza emessa dai 15 giudici: «Lo Stato di Israele ha l’obbligo di porre fine alla sua presenza illegale nei Territori palestinesi occupati il più rapidamente possibile, di cessare immediatamente tutte le nuove attività di insediamento, di evacuare tutti i coloni e di risarcire i danni arrecati». Le Nazioni Unite e i singoli Stati devono considerarsi obbligati, ritiene la Corte, a non riconoscere gli insediamenti e a negare loro supporto. Al processo hanno preso parte una cinquantina di Stati, assente Israele.

«Il popolo ebraico non è un conquistatore nella propria terra – ha tuonato in risposta il premier Benjamin Netanyahu –, né nella nostra eterna capitale Gerusalemme, né nella terra dei nostri antenati in Giudea e Samaria (Cisgiordania, ndr) e nessuna falsa decisione dell’Aja distorcerà questa verità storica, così come non si può contestare la legalità dell’insediamento israeliano in tutti i territori della nostra patria». I ministri di estrema destra Itamar Ben-Gvir e Bezalel Smotrich sono arrivati a chiedere espressamente «l’annessione» di vaste parti della Cisgiordania. Dall’opposizione, il centrista Benny Gantz che da mesi i sondaggi indicano come futuro premier, parla di «giudizializzazione di un conflitto politico» e di «ennesima testimonianza di un’ingerenza esterna controproducente per la sicurezza e la stabilità regionale». «Continueremo a difenderci – aggiunge – da chi cerca la nostra distruzione».

Al di là delle polemiche, il parere della Corte internazionale di giustizia non ha il potere di incidere sugli sviluppi della situazione. Più impattante l’errore umano, ammesso dalla Difesa israeliana, che ha impedito che scattassero le sirene e la contraerea quando un drone imbottito di esplosivo è entrato nello spazio aereo di Tel Aviv. Arrivato nella notte dal mare, ha colpito un appartamento del centro vicino all’ambasciata statunitense, uccidendo un 50enne e ferendo lievemente otto persone. L’attacco è stato rivendicato dagli Houthi dello Yemen, sostenuti dal regime di Teheran. Il portavoce del movimento, Yahya Saree, ha detto che è entrato in azione un «nuovo drone chiamato Yafa in grado di aggirare i sistemi di intercettazione». Da mesi gli Houthi lanciano droni e missili verso le navi nel Mar Rosso e le città israeliane, ma finora non avevano mai colpito Tel Aviv.

«L’Iran sta finanziando, armando e dirigendo i suoi agenti terroristici nei loro attacchi contro Israele e il resto del mondo – ha denunciato il portavoce militare Daniel Hagari –. Non permetteremo all’Iran e ai suoi agenti di terrorizzare i nostri civili e continueremo a fare tutto il possibile per proteggere il popolo e i confini di Israele».

Stando a dichiarazioni di un funzionario israeliano citato dal sito Ynet e riprese da altri media, lo Stato ebraico sarebbe intenzionato a colpire in risposta sul territorio yemenita. Lo stesso ministro della Difesa, Yoav Gallant, ha promesso di «regolare i conti con chiunque danneggi lo Stato di Israele o diriga il terrore contro Israele».

Mentre crescono i timori di un’escalation, dagli Stati Uniti il segretario di Stato Antony Blinken si è mostrato positivo sulla possibilità che sia in vista un cessate il fuoco a Gaza: i negoziati, ha detto, sono vicini alla «linea di arrivo», anche se gli ultimi metri «sono spesso i più difficili». Secondo i media israeliani, Netanyahu insisterebbe perché il valico di Rafah e il Corridoio Filadelfia, tra Gaza e l’Egitto, restino sotto il controllo israeliano. Contrari gli Usa, che preferirebbero affidarlo a forze di sicurezza palestinesi e internazionali.

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