"Alcune famiglie sono rimaste - aggiunge il vescovo - ma restano rintanate in casa e prevale un'atmosfera di paura e di attesa, per quello che succederà dopo". Monsignor Nona ha trovato rifugio nel villaggio di Tilkif, a tre chilometri dal centro di Mosul, e segue con attenzione - e apprensione - l'evolversi della situazione in città e in tutta la sua diocesi. Una realtà che, già in passato, ha pianto la morte violenta di fedeli e pastori, fra cui il precedente vescovo monsignor Faraj Rahho (nel contesto di un sequestro) e padre Ragheed Ganni.«Tutti uniti per cacciare gli assalitori dalla chiesa di Santo Spirito»E proprio la parrocchia di padre Ragheed è teatro di un evento che "è fonte di speranza" e "testimonia la bontà del popolo iracheno", in un scenario drammatico di violenza e terrore: "Ieri - racconta il prelato - alcune persone hanno fatto irruzione nella chiesa di Santo Spirito per rubare e devastare. Tuttavia i vicini, appartenenti a famiglie musulmane, sono scesi in strada a difesa del luogo di culto cristiano. Alla fine sono riusciti a cacciare gli assalitori. In città tante persone rimaste, anche musulmani, stanno cercando di difendere per quanto possibile case e luoghi di culto cristiani".
Tuttavia il clima resta teso e difficile, soprattutto per i profughi che hanno lasciato Mosul nel tentativo di scampare alle violenze dei miliziani. "Per ora la situazione è sotto controllo - racconta monsignor Nona - perché ci sono persone di buona volontà che li aiutano, assieme a piccoli gruppi e organizzazioni attive sul territorio; ma se non cambia qualcosa, nei prossimi giorni la crisi è destinata a peggiorare e non basterà più la solidarietà della comunità cristiana, che ha aperto le porte di case e villaggi per accogliere quanti sono fuggiti. Avremo bisogno di aiuto!".