mercoledì 10 gennaio 2024
Il premier Sudani forza la mano ufficialmente dopo l'ennesimo attacco americano alle forze filo-iraniane. Nata anche una commissione
Il premier iracheno Mohammed Shia al-Sudani

Il premier iracheno Mohammed Shia al-Sudani - Ansa

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Il premier iracheno Muhammad Sudani ci rispova e ieri ha chiesto esplicitamente il ritiro dei circa 2.500 militari statunitensi presenti in Iraq da circa un decennio. Lo riferiscono i media di Baghdad che citano un comunicato dell'ufficio del primo ministro. Nel comunicato si afferma che l’Iraq “vuole un’uscita rapida e ordinata” delle forze della Coalizione internazionale guidata dagli Stati Uniti. La loro presenza, si legge, è “destabilizzante”.
Gli Usa operano in Iraq e Siria dal 2014 – all'ombra della coalizione internazionale di cui fa parte anche l'Italia – ufficialmente per combattere l'Isis (Daesh), dichiarato sconfitto militarmente nel 2017 in Iraq e nel 2019 in Siria.
Alla luce delle ripercussioni in Iraq e in tutto il Medio Oriente della guerra tra Hamas e Israele, negli ultimi due mesi si sono intensificati gli scambi di fuoco tra forze irachene filo-iraniane e forze statunitensi. Il 4 gennaio scorso, per la prima volta dopo 4 anni, gli Stati Uniti hanno bombardato la capitale Baghdad uccidendo un leader di un gruppo armato filo-governativo iracheno sostenuto dall'Iran. Il giorno seguente il governo, molto divino alle posizioni di Teheran e del fronte sciita interno al Paese, aveva deciso di creare una commissione per trovare la forma adeguata per l’uscita dal Paese delle truppe statunitensi che ancora permangono in Iraq. Molti avevano visto nella richiesta un allineamento a quanto accaduto (in maniera certamente molto più violenta) a Kabul con il ritorno in armi, nel agosto del 2021, dei taleban al potere in Afghanistan.

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