Chantal Delsol, fra gli intellettuali ammessi sotto la cupola dorata dell’Institut de France e fondatrice a Parigi dell’Istituto Hannah Arendt, è fra i nomi più citati dell’odierna filosofia politica europea. Da mesi, si è unita alle voci della cultura fermamente opposte al «matrimonio per tutti».
Professoressa Delsol, è soddisfatta del dibattito che si è fin qui visto?Il dibattito non è stato accettato dal governo e si è invitato da sé clandestinamente, per così dire. Senza ufficialità, la gente ha cominciato a parlare vieppiù della questione che è diventata corrente. Nessuno credeva che ci sarebbe stato un dibattito. Ancora qualche mese fa, i difensori del testo pensavano che sarebbe passato in automatico, trattandosi di un “progresso” con degli oppositori non troppo abituati ad esprimersi. Nondimeno, il dibattito non è affatto ancora degno della posta in gioco: chi governa non si preoccupa di dibattere, è sicuro di aver ragione. Ma si tratta di una questione fondamentale.
C’è chi teme che i bambini e i loro diritti possano divenire i grandi sconfitti. Tutti i bambini francesi vedranno soppressa la menzione dei loro padri e madri nel Codice civile, dove sarà sostituita da una poltiglia informe chiamata «genitore 1» e «genitore 2». In altri termini, per far piacere a una piccolissima consorteria sovreccitata, si stravolge tutto il diritto della filiazione. Preciso che questo genere d’invenzione della post-modernità occidentale non è mai esistita prima nella storia. Poiché ciò riguarda i bambini e la trasmissione simbolica, è di capitale importanza: non si può, al contempo, temere di fabbricare del mais Ogm e non temere di rendere folli dei bambini. Penso che i bambini siano più importanti del mais.
Ha l’impressione che i francesi abbiano compreso tutte le conseguenze della bozza?Non credo. O meglio, i francesi sono stati talmente bersagliati dal politicamente corretto che ormai si credono omofobi quando non accettano tutti i capricci degli omosessuali. Non accettare che i gay si sposino è omofobo. Non accettare che adottino bambini, pure. Ciò può condurci lontano. Per questo, penso che un referendum sarebbe catastrofico: la domanda sarebbe formulata in tal modo che la gente, terrorizzata all’idea di sembrare reazionaria, voterebbe sì. Ma c’è una novità: il forte ridestarsi di tutti i contrari finora non abituati a parlare e manifestarsi. È il vastissimo popolo silenzioso, quello che si levò nel 1984 per salvare le scuole non statali. Ciò è confortante.
Filosoficamente e giuridicamente, crede che la bozza esprima una certa dissonanza parziale rispetto alla visione “classica” della Dichiarazione universale del 1948?Si tratta di una cattiva comprensione o di una perversione dei diritti umani. I diritti dell’uomo non consistono nel dar diritti secondo una stretta parità. Poiché i diritti, che sono «possibilità di» e non «diritti a», dipendono strettamente dalle capacità e dalle disposizioni. È ingiusto non dare alle donne il diritto di fare studi superiori, perché hanno le stesse capacità degli uomini. Ma sarebbe stupido reclamare che tutti gli studenti abbiano diritto al diploma, ad esempio. I diritti dell’uomo non consistono nel conferire diritti per obbedire ai capricci di un gruppo. Il capriccio e il desiderio non sono la giustizia. Quando si finisce con il reclamare di «fabbricare» figli, ciò diventa indegno. Nessuno ha «diritto» a un figlio, né i gay, né gli altri. Un bambino è una persona, non uno scherzo.