venerdì 14 maggio 2021
Padre Gabriel Romanelli, argentino «Sono tutti stanchi, da una parte e dell'altra. L'unica cosa da fare adesso è interrompere questa violenza»
Una famiglia di sfollati a Beit Lahiya, nel nord della Striscia di Gaza

Una famiglia di sfollati a Beit Lahiya, nel nord della Striscia di Gaza - Afp

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Il suo “itaniolo”, così simile a quello di papa Francesco, corre veloce e si interrompe ogni tanto per ascoltare il rumore sordo delle bombe. «Non smettono neanche di giorno, è una novità», spiega tentando un sorriso padre – “abuna” – Gabriel Romanelli, argentino, parroco latino della parrocchia cattolica della Sacra Famiglia a Gaza. La parrocchia è nella zona di al-Zeitoun, nel sud della Striscia. «Siamo tutti chiusi in casa. Il problema è che cominciano ad essere tantissimi quelli che la casa non ce l’hanno più». Le autorità israeliane avvisano sempre con un messaggio sul cellulare i civili che abitano nel palazzo o nella casa di un'area che che sta per essere colpita, chiedendo di sgomberare. «Ma gli edifici poi sono inagibili e gli sfollati già centinaia. Per ora vengono accolti nelle scuole dell’Unrwa. Noi stiamo cercando di aiutare, ma è complicato perché vengono bombardate le strade».
La comunità di Gaza è piccolissima: un migliaio di cristiani, e tra questi 133 cattolici. «Compresi noi 13 religiosi: il tasso più alto di religiosi per fedeli al mondo, poverini loro», precisa padre Romanelli con la forza dell’ironia. E di forza ce ne vuole tanta: «Ci stiamo preparando al peggio. Però sappiamo che tutti sono stufi di questa situazione: sono stufi gli israeliani, sono stufi i palestinesi. In passato, da un giorno all’altro, è arrivata una tregua: ecco, chiediamo solo questo. Non si parlino neanche, se non riescono: smettano e basta».

Il parroco di Gaza, padre - 'abuna' - Gabriel Romanelli

Il parroco di Gaza, padre - "abuna" - Gabriel Romanelli - Archivio


Le strutture sanitarie faticano ad accogliere i feriti
. «Abbiamo saputo che le autorità egiziane, informati gli israeliani, hanno cominciato a ricevere i malati nei loro ospedali nel nord del Sinai: in questo disastro, è una notizia positiva». Altri piccoli malati sono nel cuore dei religiosi di Gaza: i“bambini-farfalla”. Affetti da una patologia rara, e gravissima, che rende la loro pelle fragile come le ali di una farfalla, sono 60 nell’enclave, dove la consanguineità ha moltiplicato la presenza dell’alterazione genetica. Li seguiva la parrocchia, «e adesso l’infermiere che faceva da collegamento con le famiglie non li può raggiungere a causa delle violenze». Un modo, però, si troverà. «Come si dice, un grammo di bene pesa molto più di un chilo di male. Ecco: ci ostiniamo a fare questo grammo di bene, ogni giorno. I frutti arriveranno».

Per sostenere la parrocchia di Gaza:
CLICCA QUI https://www.proterrasancta.org/campaign/costruiamo-la-pace-a-gerusalemme/#dona



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