venerdì 19 aprile 2024
Accanto alla località bersaglio dell'attacco israeliano si trovano un impianto di conversione nucleare e un sito di arricchimento dell'uranio. Qui un'importante comunità armena
L'impianto di arricchimento dell'uranio nei pressi di Isfahan

L'impianto di arricchimento dell'uranio nei pressi di Isfahan - Ansa

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Colpire Isfahan manda un messaggio chiaro agli ayatollah: «Israele è in grado di arrivare al cuore pulsante della fitta rete di impianti nucleari dispersa a un raggio di centinaia di chilometri». Vicino alla seconda città del Paese, infatti, si trova un impianto di conversione; a nord di essa, i laboratori per l'arricchimento di Natanz e gli impianti per la produzione di acqua pesante di Arak e Fordow, quest'ultimo sotterrato a mo' di bunker nelle profondità della terra; a est, i siti per l'estrazione mineraria di uranio di Saghand, Narigan e Zarigan; a sud, l'impianto per la produzione di “concentrato di uranio” (in inglese yellowcake) di Ardakan. Quest'ultimo era stato inaugurato nel 2013 e dedicato alla memoria del “martire” Dariush Rezaei-Nejad, un fisico dell'Organizzazione per l'energia atomica iraniana ucciso due anni prima dal Mossad israeliano.

Isfahan è anche un importante centro della cristianità iraniana. La comunità locale è costituita principalmente da fedeli armeni che eleggono un loro membro al Majlis, il Parlamento iraniano. Si tratta dei discendenti dei 20mila armeni fatti deportare, quattro secoli fa, dallo scià Abbas in quella che allora fu la capitale imperiale. Oggi vivono nel sobborgo di Nuova Giulfa in cui si trova un famoso Vank (monastero) che risale al 1664 comprendente un’antica cappella di Betlemme i cui affreschi ricordano da vicino l’arte rinascimentale italiana. L'adiacente museo armeno accoglie ogni anno 70mila visitatori musulmani che qui possono ammirare la prima stamperia arrivata in Iran, portata nel 1641 dall’armeno Khachadour Ghesaratzi, oltre ai quadri, antichi vangeli, manoscritti e oggetti d’arte cristiana.

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