L'attore e cantante Idan Amedi oggi in conferenza stampa a Tel Aviv - ANSA
L’area predisposta per la conferenza stampa allo Sheba Medical Center di Tel Aviv è piena di giornalisti, israeliani e stranieri. Idan Amedi arriva con il suo solito passo, forse solo un po’ più incerto dopo i giorni in terapia intensiva. Il viso segnato dalle bruciature e dalle schegge, una mano fasciata, un braccio al collo. È tra gli attori israeliani più conosciuti in Israele e nel mondo: la serie Fauda ha consolidato la notorietà già raggiunta come cantante.
Dopo il 7 ottobre ha prestato servizio a Gaza come riservista del Combat Engineering Corps. L’8 gennaio è rimasto gravemente ferito in un’esplosione nel campo profughi di Bureij, nella parte centrale della Striscia. Sei dei suoi compagni sono rimasti uccisi. Lui è stato trasportato in elicottero in ospedale. Oggi ha iniziato il suo racconto proprio da qui.
L’esplosione a Gaza
«Dopo l’esplosione ero a terra, non riuscivo a muovermi. Ho fatto segno con la mano per dire ai miei compagni che ero vivo, che mi venissero a prendere. Pensavo a casa, volevo solo tornare dalla mia famiglia. L’aspetto ironico è che sono arrivato qua in ospedale così ustionato e annerito, attaccato alla respirazione artificiale e sotto sedativi, che nessuno è riuscito a identificarmi. Mi hanno messo un’etichetta “Sconosciuto, 22 anni”».
Amedi in realtà di anni ne ha 35, è di origine curda e vive con la moglie e due figli a Gerusalemme. Ha spiegato i particolari dell’incidente: «In questa specifica operazione c'erano tre squadre in azione che avrebbero dovuto distruggere diversi pozzi che portavano ai tunnel. Tunnel profondi molti chilometri, pieni di armi. Roba che dovrebbe toglierci il sonno. Un altro deposito di armi era stato trovato nelle vicinanze e ci era stato ordinato di distruggere anche quello. Eravamo pronti a partire, ho verificato dove fossero tutti i miei uomini e poi all'improvviso è avvenuta l'esplosione. Ho pensato che un terrorista avesse fatto detonare qualche ordigno, ma secondo le prime indagini non è andata così. Si capirà presto». Le Forze di Difesa israeliane hanno aperto un’inchiesta. Potrebbe essersi trattato di un incidente.
I compagni
Amedi non è riuscito a trattenere le lacrime quando ha parlato dei suoi compagni rimasti uccisi. Ha fatto le condoglianze alle famiglie: «Devono sapere che i loro figli, le loro figlie, hanno fatto un'enorme differenza». «Questa cosa resterà con me per sempre, forse un giorno riuscirò ad elaborarla e a parlarne - ha spiegato -. La gente mi dice che sono un eroe, che sono un simbolo. In realtà sono solo uno dei tanti soldati che rappresentano lo scudo di questo Paese, e a cui tutti devono essere grati. Se c'è una cosa positiva in quello che mi è successo, è che potrò essere un ambasciatore per gli altri». Amedi ha quindi rivolto un appello affinché il Paese sostenga gli invalidi di guerra. E perché tanti vengano aiutati anche a curare le altre ferite, «quelle mentali, dopo aver incontrato a Gaza il male assoluto».
Le polemiche
E' stato chiesto all'attore e cantante se, mentre era in combattimento a Gaza, avesse contezza delle divisioni nel governo, delle polemiche interne. Ha risposto che no: che sul campo di battaglia non c’era un’esatta percezione di quanto stava accadendo in Israele. Ma che quando è tornato a casa per brevi periodi di licenza, ed è stato aggiornato, si è sentito molto deluso. Deluso per tutto il lavoro fatto per distruggere le infrastrutture di Hamas, per rendere inoffensiva l’organizzazione terroristica. E per portare a casa gli ostaggi. La priorità assoluta. «Israele ha la capacità e gli strumenti per affrontare la questione degli ostaggi. Li dobbiamo riportare a casa tutti, tutti quanti. È il nostro dovere morale». In un messaggio registrato nelle settimane precedenti il suo ferimento, mentre era in teatro a Gaza, Amedi aveva già preso le distanze da troppe polemiche inutili: «Mi unisco ai miei fratelli riservisti nel chiedere ai politici, ai media e a tutti: chi non ha qualcosa di buono da dire, chiuda la bocca».
La riabilitazione. Il ritorno alla musica e a Fauda
Idan Amedi ha spiegato di avere davanti un lungo periodo di riabilitazione. «Però il mio spirito è più forte che mai. Le schegge mi hanno perforato varie parti del corpo. Ho un po’ di ossa rotte, comprese le dita della mano. Ma so che tornerò a suonare la chitarra. Se potrò, tornerò anche a combattere. E, se tutto va bene, sarò nella quinta stagione di Fauda». Il cantante ha all’attivo cinque album. Nella serie Fauda – incentrata sulle operazioni di una squadra d'élite sotto copertura che entra in azione contro i terroristi arabi nei Territori e a Gaza - interpreta il ruolo di Sagi Tzur. L’attore ha spiegato che «i creatori della serie stanno già lavorando per adattare la sceneggiatura alla nostra realtà attuale».
La guerra giusta e un Paese unito
«Abbiamo a che fare con un nemico che non si preoccupa di nulla - ha voluto sottolineare Amedi -. Questa è una guerra giusta, e il nemico che abbiamo di fronte è a al di là di Hamas: abbiamo trovato armi nelle scuole, nelle istituzioni, nelle case private. Il mondo deve saperlo». Amedi ha concluso con un invito a Israele: «Il popolo israeliano è il più forte del mondo. Quando siamo uniti, siamo invincibili. Vinceremo questa guerra, anche se ci vorrà tempo. Dobbiamo solo restare uniti».
Idan Amedi in combattimento a Gaza prima dell'esplosione in cui è rimasto gravemente ferito - Israel Defense Forces