
Una madre e il suo bimbo ad Haiti - .
Haiti è parte di noi. Della sua storia di ribellione all’ordine coloniale e schiavista, la cultura, la politica, la società occidentali sono figlie. E debitrici. Non solo in senso metaforico. L’11 luglio ricorrono 200 anni esatti dalla firma del trattato che fissò il prezzo esorbitante della sua libertà. Centocinquanta milioni di franchi – 21 miliardi di dollari attuali – che la nuova entità indipendente fu costretta a pagare alla Francia, ex madre-patria, per abbandonare lo status di paria internazionale. Questo fardello ha minato le fondamenta della prima Repubblica nera, con effetti che proiettano la loro ombra sinistra sulla contemporaneità. Eppure, per la narrativa dominante, Haiti è un’eterna causa persa che non vale nemmeno la pena di guardare, figuriamoci impegnarsi. L’inerzia della comunità globale di fronte al liquefarsi delle sue istituzioni nell’arco di quasi un decennio è frutto di tale prospettiva.
Eppure la guerra haitiana ci riguarda anche solo per il fatto che in essa si scorgono le direttrici verso il futuro distopico lungo le quali il mondo si sta incamminando. Cambiare il paradigma è il primo passo per farsene carico e contribuire alla soluzione. Da questa convinzione è nato il progetto “Figli di Haiti”, il primo sostenuto dalla Fondazione Avvenire, appena costituita per valorizzare, promuovere e diffondere i valori di solidarietà e amicizia sociale che da sempre animano il giornale. «Il nostro obiettivo è aiutare chi è rimasto indietro. Dare luce a ciò che luce non ha. Riconoscere il valore inestimabile di ogni persona umana è alla base di questo impegno», spiega la presidente Linda Gilli. Fino alla fine dell’anno, combinando vari linguaggi e piattaforme, il quotidiano e il sito di Avvenire racconteranno Haiti e i suoi figli, da una parte all’altra dell’oceano, attraverso reportage, interviste, approfondimenti, podcast. Un docufilm consentirà ai lettori di immergersi anche visivamente nelle ferite di Haiti, nelle quali si insinua ostinata la speranza. Un gruppo di bimbi e adolescenti dell’isola, poi, sarà chiamato a descrivere la “sua” Haiti con una serie di scatti, realizzati sotto la supervisione di un collettivo di fotografi locali. Le immagini comporranno il calendario 2026 di Avvenire nonché una mostra. Tutti i materiali disponibili per centri missionari, associazioni, scuole, Ong e qualunque realtà sul territorio che voglia dedicare un momento di riflessione all’isola. Una sintesi di drammi e di bellezza come confermano le storie degli haitiani della diaspora, a partire dall’Italia, attivamente coinvolti nella vita artistica, culturale e politica dei Paesi dove si sono trasferiti.
Abbinato al racconto, ci sarà la possibilità per i lettori di compiere un gesto concreto per aiutare i “figli di Haiti” grazie alla raccolta fondi avviata dalla Fondazione Avvenire per mandare a scuola i bimbi dell’orfanotrofio “sfollato” La Maison Des Anges. Una piccola struttura che, per salvare i piccoli dall’avanzata delle gang a Port-au-Prince, è fuggita insieme a loro nell’Artibonite. «L’istruzione è la chiave per costruire il presente e il futuro di Haiti e dei suoi figli – conclude Linda Gilli – Per questo siamo felici di partecipare allo sforzo con il primo di tanti progetti che la Fondazione Avvenire realizzerà nei prossimi anni. Ci auguriamo che la nostra comunità di lettori tutta ci aiuti a sostenerli».