La gente in piazza a Tbilisi per protestare contro i brogli - .
Doveva essere la festa della democrazia. E invece la Georgia si ritrova ad affrontare le elezioni più controverse della sua storia, che per molti rappresentano un vero e proprio punto di non ritorno. Con la spinta di Mosca, che ha allungato la sua mano fino a schiacciare la voglia di Europa degli elettori. Non quella di migliaia di giovani, però, che, ancora ieri sera, sono scesi in piazza per le strade di Tbilisi, contestando un risultato elettorale che anche per molti osservatori stranieri è frutto di brogli, manipolazioni e intimidazioni.
Secondo i risultati ufficiali, Sogno georgiano, il partito filo-russo al governo dal 2012, ha conquistato il 54% dei consensi. Una maggioranza assoluta, che lo porta a ottenere 91 seggi su 150. Sufficienti per fare il governo da sé. La formazione, sulla carta, si dice a favore dell’ingresso nel club di Bruxelles. Ma i suoi rapporti con Mosca sono poco chiari e, oltre ad aver accentuato nel corso degli anni i suoi connotati nazionalisti, nei mesi scorsi ha approvato due leggi in tutto e per tutto simili a quelle in vigore in Russia. La prima è quella sugli agenti stranieri. Quattro partiti di opposizione hanno superato la soglia di sbarramento del 5%, ma sono arrivati appena al 35%, quando i sondaggi della vigilia li davano abbondantemente sopra il 50%.
Il premier in carica, Irakli Kobakhidze, ha dichiarato che l’ingresso in Ue «resta una priorità», e che a inizio 2025 ci saranno nuovi contatti con le autorità di Bruxelles per ravvivare il processo di adesione, al momento congelato ed entrare in Ue entro il 2030. Il capo di governo ha anche parlato delle accuse di brogli, liquidandole con una frase: «Le irregolarità ci sono ovunque». Il Cremlino, tramite il suo portavoce, Dmitrij Peskov, ha fatto sapere che le accuse a carico di Mosca «sono infondate», aggiungendo subito dopo che «ora è importante che nessun Paese terzo interferisca nei risultati di queste elezioni», e che si tratta di una «questione interna alla Georgia».
Ma critiche e denunce piovono da ogni parte. Secondo gli osservatori internazionali e locali, il voto è stato viziato da operazioni di intimidazioni degli elettori e da frodi. Il Segretario di Stato americano, Antony Blinken, ha fatto sapere che gli Usa sosterranno le richieste di indagini sulle «violazioni elettorali». «Condanniamo tutte le violazioni delle norme internazionali e ci uniamo agli appelli degli osservatori per un’indagine completa su tutte le segnalazioni di violazioni elettorali». Appelli simili sono arrivati dalla Nato, dalla Germania e dalla Francia, che hanno parlato di «significative irregolarità».
La Repubblica caucasica, dove l’80% dell’opinione pubblica si era dichiarata a favore dell’ingresso in Unione Europea, rischia ora di vedere il suo destino sospeso a causa delle interferenze di Mosca. Ma il partito di governo la racconta diversamente.
Lo speaker del Parlamento, Shalva Papuashvili, membro di Sogno Georgiano, punta il dito contro la presidente della Repubblica, la franco-georgiana ed europeista convinta, Salomé Zourabichvili, che ormai ha assunto il ruolo di capo dell’opposizione. Contestando il risultato delle urne, il capo di Stato ha chiesto ai georgiani di scendere in piazza a protestare, lanciando anche all’Occidente una richiesta di aiuto, forse l’ultimo possibile. L’opposizione, dal canto suo, ha fatto sapere che non entrerà in Parlamento, togliendo così validità istituzionale al risultato. Ma saranno giorni di tensione e nessuno ancora sa come potranno andare a finire le cose perché difficilmente Sogno Georgiano acconsentirà al fatto che si torni a votare.
Ieri, in compenso, quasi a certificare un “bacio della morte”, è arrivato in visita a Tbilisi il premier Viktor Orbán, considerato ormai un agente provocatore di Mosca all’interno dell’Unione Europea, e che è stato invitato dal governo. La folla dei manifestanti lo ha contestato. Il ministro degli Esteri, Peter Szijjarto, su X ha ironizzato scrivendo che l’Ue ha criticato il risultato perché hanno vinto i conservatori sovranisti e non i liberali. Pronta la replica dell’Alto Rappresentante della politica estera europea, Joseph Borrell, secondo il quale «la visita di Orbán non rappresenta l’Ue».