Gli scienziati e gli esperti di etica statunitensi si sono espressi sull’editing genetico di embrioni, sperma e ovuli, ovvero a modifiche che possono alterare per sempre il genoma umano. Un rapporto pubblicato ieri dalle Accademie nazionali delle scienze (Nas) e di Medicina (Nam) americane ha messo infatti la comunità scientifica in guardia dai rischi legati alla modificazione delle cellule riproduttive umane e dal loro impianto in utero. Ma ha concluso che «cautela non significa divieto».
La commissione, composta da 22 ricercatori e medici di livello mondiale, dopo un anno di lavoro ha dunque definito i progressi scientifici che hanno reso possibile (per ora solo a laboratorio, non ancora su esseri umani) l’editing genetico trasmissibile «una possibilità realistica che merita seria considerazione».
Si tratta di una svolta nell’approccio a una nuova tecnologia di manipolazione del Dna, nota come Crispr-Cas9, che è talmente rapida, economica ed efficace da aver aperto improvvisamente nuove frontiere nella medicina genetica. All’indomani della sua scoperta ed irruzione nel mondo della genetica, nel 2015, scienziati ed eticisti riuniti a Washington avevano dichiarato «irresponsabile» l’uso della nuova tecnologia in cellule riproduttive o embrioni umani a fini terapeutici.
Ma nel corso di poco più di un anno si sono moltiplicati a livello globale i laboratori che hanno cominciato a sperimentare con il nuovo metodo, approfittando dell’assenza di linee guida provenienti dal mondo accademico e, in molti casi, dai governi nazionali. La modifica della linea germinale umana non è per ora permessa negli Stati Uniti e in molti altri Paesi. Ma la docente di bioetica Alta Charo, una dei due presidenti del comitato, ha chiarito ieri che «non vi è un governo planetario con il potere far rispettare limiti alla ricerca. L’obiettivo delle accademie è di contribuire allo sviluppo di norme internazionali, di una specie di accordo globale che limiti l’uso di questa tecnologia a scopi benefici e al trattamento di malattie gravi».
Il comitato sembra dunque aver messo da parte l’esigenza di arrivare a un «ampio consenso sociale»: criterio che aveva definito necessario in passato prima che la scienza e la medicina possano procedere a fare modifiche ereditabili. Crispr-Cas9 funziona come forbici molecolari che possono selettivamente troncare parti indesiderate del genoma e sostituirle con nuovi tratti di Dna.
Sue applicazioni sono già in atto per correggere, all’interno di un paziente, una singola mutazione genetica che provoca una malattia degenerativa, come l’anemia mediterranea, ma non in cellule riproduttive umane o embrioni. Il gruppo ha sottolineato dunque che studi clinici che portino alla modifica della linea germinale umana possono essere autorizzati «solo per condizioni gravi, se non ci sono alternative e sotto supervisione rigorosa». Ha invocato inoltre che la ricerca proceda in base ai principi della trasparenza, dell’attenzione e della responsabilità scientifica, del rispetto della dignità personale e dell’equità.
Gli scienziati hanno anche ribadito che la tecnica non deve essere utilizzata per il «miglioramento eugenetico» del patrimonio genetico di una singola persona, in modo da renderla più forte bella o alta. Ma anche qui non si tratta di un no assoluto. Sostenendo che «la ricerca e lo studio in questa direzione devono continuare», il comitato sembra infatti quasi arrendersi all’inevitabile.