Poche città al mondo hanno visto alternarsi così tanti padroni in un paio di secoli. Occupata dall’esercito di Napoleone nel corso della sua campagna d’Egitto, Gaza è tornata sotto dominio ottomano fino al 1917 quando è passata, col resto della Palestina, sotto dominio britannico, diventato mandato ufficiale nel 1922. Nel 1947, il piano di spartizione assegna il territorio di Gaza al futuro ( e mai nato) Stato arabo, ma al termine del primo conflitto arabo- israeliano, la città passa invece, insieme al suo hinterland, sotto l’amministrazione egiziana pur mantenendo uno statuto autonomo. Nasce così ufficialmente la cosiddetta ' Striscia di Gaza', un piccolo cordone di terra di appena 360 chilometri quadrati che corre per 45 chilometri lungo il Mediterraneo con una larghezza che varia tra 5 e 10 chilometri. Nel 1956, durante la campagna di Suez, la città conosce la prima occupazione israeliana. Si tratta comunque di un dominio provvisorio e gli egiziani vi tornano ancora per una decina d’anni. Fino alla guerra dei Sei giorni del giugno 1967, quando la Striscia entra a far parte delle nuove conquiste israeliane, insieme alla Cisgiordania, Gerusalemme Est, il Sinai e il Golan. Il territorio di Gaza rimane tuttavia un ' boccone' tra i più difficili da digerire. I circa ottomila coloni ebrei che vi eleggono domicilio in meno di tre decenni di occupazione non riescono, come in Cisgiordania, ad alterare minimamente l’identità di un territorio che ha visto crescere in maniera esponenziale la popolazione: 70mila abitanti nel 1947, 200mila nel 1949, 360mila abitanti nel 1967, un milione nel 1997, un milione e mezzo oggi, il che fa di Gaza il territorio con la più alta densità al mondo. Il 65 per cento della popolazione è costituito da profughi originari dei villaggi arabi entrati nel 1948 a far parte dello Stato ebraico. Molti di loro, circa mezzo milione, vivono da allora in otto campi allestiti dall’Onu. Il campo profughi più grande è quello di Jabalia ( oltre 100mila abitanti), seguito da quelli di Rafah ( 90mila) e di Gaza Beach ( 75 mila). Gaza diventa presto una concentrazione di miseria e di rabbia tra i più infiammabili. Durante la prima Intifada, scoppiata proprio qui alla fine del 1987, il premier israeliano Yitzhak Rabin definisce la Striscia « una bomba a orologeria » a motivo della sua miscela di islam fondamentalista e disoccupazione. Con un tasso di disoccupazione che tocca il 40 per cento e un reddito pro capite di 1250 dollari ( equivalente alla metà di quello dei palestinesi residenti nella Cisgiordania), la Striscia costituisce per Hamas una miniera d’oro per il reclutamento di partigiani. Gaza City è stata, insieme a Gerico, una delle prime città palestinesi a essere consegnate alla nascitura Autorità nazionale palestinese ( Anp) nel quadro dell’applicazione degli Accordi di Oslo. La firma, il 4 maggio 1994, dell’Accordo del Cairo, poi l’arrivo, cinque giorni dopo, dei primi 300 agenti di polizia dell’Olp, e infine il rientro, il 1° luglio, di Yasser Arafat nella città dopo lunghi anni di esilio, segnano l’inizio dell’Anp. ù Ma Gaza ha continuato ad essere una roccaforte di Hamas, il principale oppositore al processo di pace. Una fitta rete organizzativa che ha permesso al movimento radicale di prendere il controllo di numerose moschee e istituzioni civili. Già alle elezioni dell’università islamica del 1998, i sostenitori di Hamas raccolsero il 77 per cento dei seggi ai consigli di facoltà, mentre i sostenitori di Arafat si dovettero accontentare del 15 per cento. Nell’agosto del 2005, il governo di Ariel Sharon decide di scaricare la 'patata bollente' ordinando lo sgombero totale - talvolta con la forza - delle 21 colonie ebraiche presenti nella Striscia. L’intero territorio di Gaza è così passato, per la prima volta, sotto controllo palestinese. Nessuno poteva però immaginare che la festa per la liberazione potesse essere di breve durata. Nel giugno 2007 i militanti di Hamas, forti della vittoria elettorale conseguita alle ultime legislative, compiono ciò che i partigiani di Abu Mazen definiscono un 'golpe militare': prendono cioè il totale controllo della Striscia dopo aver sconfitto in battaglia le forze militari e di polizia fedeli al presidente dell’Anp. Nasce così nella Striscia un mini- Stato islamico, per di più ostile alla politica ufficiale di negoziati tra Anp e Israele. Viene decretata da Tel Aviv, con il tacito consenso di Mubarak, una chiusura quasi ermetica dei confini di Gaza con Israele e l’Egitto. Ideato per isolare e indebolire il governo ' secessionista' di Hamas attraverso la riduzione delle forniture di carburante, il blocco finisce – come insegna il precedente dell’Iraq sotto Saddam Hussein – per peggiorare ulteriormente le condizioni di vita della popolazione civile. La penuria di prodotti essenziali provoca spesso scene di rabbia generalizzata, come l’abbattimento di alcune postazioni di frontiera con l’Egitto al valico di Rafah, allo scopo di permettere a migliaia di persone di rifornirsi di vari generi di prima necessità presso i negozi egiziani sul confine. Molte organizzazioni internazionali condannano l’embargo, altre cercano di romperlo inviando non solo navi cariche di cibo e medicinali, ma anche propri delegati. Inizia contestualmente un braccio di ferro tra Hamas e Israele, per il quale il blocco è una misura necessaria per tentare di impedire il lancio di razzi Qassam contro i suoi cittadini. Nell’ambito di una tregua di sei mesi mediata nel giugno 2008 dall’Egitto, Hamas accetta di porre fine al lancio dei razzi in cambio di un alleggerimento del blocco da parte di Israele. In realtà, sul terreno i miglioramenti sono pochi. Fino al 18 dicembre, data in cui Hamas annuncia ufficialmente la fine della tregua, Israele ha lamentato il lancio di oltre trecento razzi, mentre il governo di Hamas ha denunciato la morte di una ventina di palestinesi in incursioni aeree e terrestri contro il suo territorio. La resa dei conti finale poteva essere solo una questione di tempo.