lunedì 27 maggio 2013
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Questione di diritto. Ma non solo. Il rapporto sulle discriminazioni legali e le intolleranze contro i cristiani in Europa redatto dall’omonimo comitato con sede a Vienna solleva questioni di fondo sulla concezione dell’uomo, della società e della cultura e sulla stessa identità del Vecchio Continente. Per i cristiani è l’occasione di prendere atto di una condizione storica e della necessità di una coraggiosa e convinta difesa della loro presenza e di testimonianza a tutto campo, un compito del resto indicato da Papa Francesco fin dall’inizio del suo Pontificato.Svariati sono i territori nei quali è in atto una sofisticata persecuzione di quella immagine di uomo che finora è stata a fondamento dell’Europa: la libertà di coscienza, soprattutto, nelle professioni mediche; i limiti posti alla libertà di associazione e all’espressione pubblica della propria fede e delle sue implicazioni etiche e sociali; la dittatura non solo culturale delle cosiddette politiche egualitarie, i limiti posti alla libertà di educazione dei genitori. Si assiste ad un attacco pervasivo e diffuso, capillare, orchestrato da lobby ben organizzate e sostenuto dai media. Il rapporto elenca per ogni mese del 2012 da dieci a trenta casi significativi: discriminazioni nelle strutture pubbliche (anche con licenziamenti), scuole e università; calunnie, insulti, minacce, provocazioni, istigazioni alla violenza e anche con passaggio a vie di fatto, incendi dolosi di Chiese o locali di ritrovo, atti di vandalismo premeditati, pubblicazioni e film infamanti e blasfemi. Ancora, attacchi virtuali come quello degli hackers al sito del Vaticano nel marzo 2012.A volte l’offensiva viene dal secolarismo militante, a volte dal fondamentalismo. Ma si registrano anche inversioni di tendenza. Emblematica la decisione del governo inglese nel febbraio di quest’anno di reintrodurre la facoltà dei consigli locali di effettuare la tradizionale preghiera nelle riunioni come avviene dal diciassettesimo secolo: prassi che l’Alta corte britannica aveva vietato. O quello accaduto in Spagna, dove dopo la caduta del governo Zapatero il nuovo esecutivo ha cambiato rotta rispetto alla cosiddetta “educazione alla cittadinanza” introdotta dal governo di sinistra, molto ideologico in campi delicati come quello della sessualità (anche se alcune associazioni di genitori non considerano sufficienti le modifiche).La Corte dei diritti umani di Strasburgo ha poi pronunciato qualche sentenza preziosa in materia di diritti dei cristiani, come quella che ha legittimato la presenza dei crocifissi nelle scuole italiane (era il 18 marzo del 2011). Altre decisioni, invece, sono state ambivalenti e pericolose. Come quella del 15 gennaio scorso quando, sempre relativamente alla Gran Bretagna, è stato riconosciuto il diritto di una dipendente della British Airways di portare al collo una piccola croce, ma non quello di una infermiera. E al contempo la Corte ha consentito il licenziamento di un’impiegata dell’anagrafe e di un consulente matrimoniale perché contrari alle unioni omosessuali. In ogni modo i magistrati di Strasburgo non possono non riconoscere quel «margine di apprezzamento» che spetta alle legislazioni nazionali sulle questioni etiche. Quindi la difesa dei valori cristiani può essere rinviata alla consapevolezza delle opinioni pubbliche dei singoli Paesi e dei loro politici.A volte le derive etiche della Corte sono controbilanciate, sempre all’interno del Consiglio d’Europa, dalle decisioni dell’Assemblea parlamentare. Così è accaduto il 7 ottobre (memoria della Beata Vergine del Rosario) del 2010, quando l’assemblea del Consiglio d’Europa ha respinto un tentativo di negare la libertà di coscienza guidato dalla laburista inglese e convinta abortista Christine McCafferty e anzi ha riaffermato solennemente tale principio. Dopo un’attenta lettura del rapporto è più che giustificato l’allarme e la mobilitazione, dunque, ma non il pessimismo, perché come sempre per i cristiani non è problema di difendere se stessi ma difendere l’uomo, una sfida nella quale non si può mai allentare l’impegno. La speranza è una virtù teologale.​
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