
Il caos nelle strade di Goma - REUTERS
Case bruciate, esecuzioni sommarie. La violenza continua a imperversare in Congo. L’ennesimo eccidio si è consumato nella provincia di Ituri: almeno 35 persone sono rimaste uccise. Ma il bilancio potrebbe essere molto più grave. Il capo del gruppo di villaggi attaccati nel territorio di Djugu, Jean Vianney, ha dichiarato alla Reuters che miliziani del Codeco hanno tirato fuori le persone dalle loro case, uccidendole. «Abbiamo contato più di 35 morti e le ricerche sono in corso. Ci sono persone ferite, molte sono morte bruciate nelle loro case» ha affermato. Il leader della società civile locale Jules Tsuba ha dichiarato che sono stati contati finora 49 corpi e che le ricerche sono in corso. Il Codeco è una delle miriadi di milizie che combattono per la terra e le risorse nel Congo orientale. In passato è stato accusato dalle Nazioni Unite di attacchi contro altre comunità, tra cui i pastori Hema, che potrebbero costituire crimini di guerra e crimini contro l'umanità. La maggior parte dei residenti nel territorio di Djugu sono Hema. «Le vittime appartengono alla comunità Hema», ha detto Vianney, aggiungendo che i soldati congolesi e le forze di peacekeeping delle Nazioni Unite di stanza a circa 3 chilometri (1,86 miglia) non sono intervenuti.
Dopo due giorni di calma relativa, gli scontri sono ripresi nell'est, nella provincia del Sud Kivu. Lo hanno riferito fonti di sicurezza locale, precisando che i combattenti dell'M23 hanno sferzato un attacco all'alba con i loro alleati ruandesi, contro le posizioni congolesi nella provincia del Sud Kivu. I combattimenti sono ripresi nei pressi della località di Ihusi, a circa 70 chilometri dal capoluogo di provincia Bukavu e a 40 dal suo aeroporto, secondo le fonti di sicurezza, mentre diversi testimoni locali hanno riferito di "forti spari". La ripresa degli scontri non è un segnale incoraggiante mentre sono in corso tentativi diplomatici per fermare la grave crisi in corso in Nord e Sud Kivu. Secondo dichiarazioni e valutazioni concordanti, nel mirino dell'M23 ci sarebbe anche Bukavu, e un'avanzata progressiva verso la capitale Kinshasa, quale obiettivo finale.
Altrettanto drammatica continua a essere la situazione nella provincia del Nord Kivu che sta affrontando una terribile crisi umanitaria, due settimane dopo l’occupazione della capitale provinciale di Goma da parte del gruppo ribelle M23, sostenuto dal Ruanda. «La città di Goma è ancora in uno stato di conflitto tra l'esercito congolese e l'M23. Sono state uccise oltre 2.000 persone e ci sono migliaia di feriti. Gli ospedali sono affollati e anche i campi profughi sono stati attaccati», afferma Padre Marcelo Oliveira, missionario comboniano portoghese, in un messaggio inviato ad Aiuto alla Chiesa che Soffre (ACS). «L'obiettivo dell’M23 è conquistare la città di Goma» perché quest’ultima «svolge un ruolo importante nella vita del Paese», aggiunge. Durante i combattimenti, molti prigionieri sono fuggiti dall'ala maschile del carcere centrale. Tragicamente, molti di questi evasi hanno attaccato l'ala femminile, violentando più di cento detenute. «Molte donne e bambini sono stati uccisi. Nel caos, alcuni prigionieri hanno anche dato fuoco alle strutture e molti non sono riusciti a sfuggire alle fiamme», racconta il sacerdote.
C'è il rischio che le forze dell’M23 avanzino verso il Sud Kivu. Padre Marcelo sottolinea che attualmente è quasi impossibile portare aiuti di emergenza alla popolazione: «L'aeroporto è chiuso, la torre di controllo è stata vandalizzata, l'hardware è stato rubato. Supponiamo che possano esserci ancora ordigni inesplosi, quindi dovrà essere fatto un attento sopralluogo per verificare se sia possibile riaprirlo, poiché è l'unico mezzo per far arrivare aiuti umanitari in città».