In Corea del Sud nascono sempre meno bambini - ANSA
Kim Ye-ji ha 21, è una studentessa ed è combattuta tra due desideri: avere un figlio e concentrarsi sullo studio per costruirsi una carriera. “Voglio sposarmi e avere figli un giorno – ha raccontato al Korea Times -, ma penso che il momento ideale per farlo sia tra i 20 e i 30 anni, che è esattamente quando probabilmente mi concentrerò sulla mia carriera”. Come altre 14mila persone, Kim ha visitato a Seul un centro per l’infertilità che “sponsorizza” la pratica del congelamento degli ovociti. A sorpresa il centro è stato preso d’assalto da giovanissime: “La maggior parte delle visitatrici erano donne tra i 20 e i 30 anni”, scrive il quotidiano sudcoreano.
Una cosa è certa: nel Paese asiatico – alle prese con una drammatica crisi demografica e con il tasso di natalità precipitato al minimo storico di 0,7 nel 2023, il più basso al mondo – il ricorso al congelamento degli ovociti sta diventato sempre più diffuso. Secondo i dati del ministero della Salute e del Welfare coreano, il numero di ovuli congelati conservati presso strutture mediche in tutto il Paese è aumentato da 44.122 nel 2020 a 105.523 nel 2023. Il costo del prelievo è di circa 3 milioni di won, quelli di conservazione oscillano invece tra i 200.000 e i 300.000 won all’anno.
A febbraio il governo metropolitano di Seul ha deciso di “spingere”, raddoppiando il numero di sussidi destinati alle donne. A settembre 2023, sono stati stanziati fino a 2 milioni di won (1.496 dollari) per 300 donne di età compresa tra 20 e 49. Da quest’anno il sussidio sarà esteso a 650 donne.
"Credo - spiega Lee Jae-eun, uno specialista del Maria Fertility Hospital di Seul - che il congelamento degli ovociti possa aiutare più persone a prepararsi ad avere figli, alleviando le preoccupazioni di coloro che si sposano e scelgono di formare una famiglia più avanti nella vita". Difficile misurare l’impatto che questa pratica ha sul reale andamento demografico. Rimandare, sospingere la nascita in un’età più matura e perfino indefinita non incidendo sui motivi “ambientali” che rendono sempre più difficile la scelta della genitorialità, può davvero sollevare la curva demografica?
Di sicuro essa “cattura” una delle tante contraddizioni della iper competitiva società sudcoreana, nella quale la scelta lavorativa modella l'intera esistenza. Secondo Statistics Korea, l'età media del primo matrimonio nel Paese, è di 34 anni per gli uomini e 31,5 per le donne, con un'età media di 32,8 anni per le donne che hanno il primo figlio (2022). Tra i Paesi Ocse, nel 2023, Seul si è classificata al primo posto per l'età media più alta delle madri che hanno il primo figlio.
Non solo: la disaffezione verso il matrimonio diventa nel Paese sempre più forte. Solo 3,7 persone su 1.000 si sono sposate nel 2022. Le famiglie mononucleari rappresentano il 41 percento del totale. L’impatto sulle nascite è devastante. Il numero di bambini nati in Corea del Sud lo scorso anno è crollato al minimo storico di 229.970. Una diminuzione progressiva. Le nascite sono scese sotto la soglia di 400mila per la prima volta nel 2017, sotto i 300mila nel 2020 e sotto i 250mila nel 2022. E l'anno scorso il numero di bambini nati è crollato al minimo storico di 229.970. La previsione è che l’attuale popolazione – 51 milioni di abitanti – arriverà a dimezzarsi entro la fine di questo secolo. «Il declino della popolazione pone serie minacce non solo al mercato del lavoro e alle finanze statali, ma a ogni aspetto della società, dalla difesa nazionale all’istruzione e ai servizi medici», ha spiegato Lee Sang-rim, esperto del Korea Institute for Health and Social Affairs.