Le “istruzioni” fornite da Mosca alle truppe d’occupazione per “orientare” l’elettorato
Un referendum in quattro mosse: propaganda, intimidazione, manipolazione del voto, proclamazione dell’annessione. Il piano di Putin era in atto da settimane, come prova il vademecum per le forze di occupazione. Obiettivo: «Dare l'impressione di un'ampia espressione della volontà popolare».
Da domani al 27 gli emissari del Cremlino vigileranno sul voto indetto nel Donbass, dove nessuno sa con esattezza quanti siano gli aventi diritto al voto, né come si svolgerà la consultazione elettorale. Nelle regioni occupate vivevano prima del conflitto oltre 6 milioni di persone, la metà dei quali con diritto di voto. Centinaia di migliaia hanno però lasciato le loro case, molti in direzione del territorio russo - dove non sono state ancora chiarite anche le accuse di deportazioni - e altri verso l’Ucraina occidentale o i Paesi europei.
«Un referendum farsa per annettersi altre parti dell'Ucraina, una violazione estremamente significativa della Carta delle Nazioni Unite», ha affermato il presidente americano, Joe Biden, nel suo discorso all’Onu. Stamani la reazione di Mosca attraverso il vicepresidente del consiglio di sicurezza Dmitry Medvedev: «Le repubbliche del Donbass e altri territori saranno annessi alla Russia». Da quell’istante il Donbass sarà considerato Russia e pertanto e verrà protetto con «qualsiasi arma russa, comprese le armi nucleari strategiche e le armi basate su nuovi principi». Come d’abitudine in questi mesi l’ex presidente Medvedev conclude con una minaccia: «L'ipersonico è in grado di raggiungere obiettivi in Europa e negli Stati Uniti molto più velocemente».
Nei giorni scorsi le forze armate russe sono state sollecitate a recarsi, armi in pugno, nelle abitazioni private di chi, «a causa dell’insicurezza - si legge in un documento - determinata dagli attacchi ucraini, potranno consegnare l’espressione di voto direttamente ai soldati». Ma non è questa la principale anomalia della prova di forza con cui Putin intende dimostrare d’essere il soccorritore della popolazione filorussa.
Le istruzioni sono formulate in due documenti di un paio di pagine ciascuno. I consiglieri del Cremlino non fanno molta differenza tra Zaporizhzhia, Mariupol e le altre aree sotto controllo russo. Prima di tutto occorreva creare un organismo territoriale dal quale far emergere la richiesta “dal basso” di un un referendum che suonasse come una richiesta d’aiuto al Cremlino: «Potrebbe essere necessario - si legge nei documenti ottenuti da Avvenire attraverso fonti nel Donbass - un appello al Presidente (Putin, ndr), che abbia segni esteriori di legittimità». Il referendum, tuttavia, deve svolgersi in una condizione di guerra e, fin dai piani originari, non avrebbe dovuto svolgersi durante un eventuale cessate il fuoco. «L'instaurazione della pace - è la preoccupazione di Mosca - ridurrebbe significativamente la legittimità delle nuove autorità russe agli occhi della popolazione e di quella parte della comunità internazionale che ha una visione favorevole alla Russia».
Il copione stabilisce altre parti in tragedia: «E’ necessario istituire un organo - viene dettato da Mosca agli uomini sul campo - che abbia l'aspetto esteriore d’essere in grado di svolgere la funzione di rappresentare la volontà del popolo». E per spiegare quali sembianze dovrà avere la filiera della persuasione vengono indicate le caratteristiche chiave: «Avviare una selezione di leader d'opinione: dipendenti di professioni rispettate nella società, rappresentanti di organizzazioni che hanno un impatto diretto sulle comunità, imprenditori e artisti». Saranno cooptati in un organo «che non ha competenze chiaramente definite», ma che periodicamente prenda decisioni dal valore mediatico: «Ridenominazione di strade dopo audizioni pubbliche, atti di modifica di altri simboli» e altre scelte che non hanno valenza politica ma «devono riguardare ambiti che il pubblico è solito associare all'espressione, in misura maggiore o minore, della volontà collettiva del popolo, piuttosto che alla sola discrezione degli amministratori».
Altri riferimenti sono rivelatori. Come se a Mosca siano consapevoli che la popolazione del Donbass non si senta davvero parte della “nazione russa”, al contrario di quanto invece sostiene la leadership russa. «È molto importante - viene raccomandato - utilizzare la parola "nazionale" nel nome dell'organismo collettivo creato”. Per facilitare l’annessione «è molto importante dimostrare che il popolo è a favore della Russia», ripetendo con ogni mezzo che «contro la Russia ci sono esclusivamente ex-élite ucraine corrotte e filo-occidentali, che non sono con il popolo, ma contro di esso. In questo modo si traccia un parallelo storico con la Pereyaslavska Rada del 1654 (l'unificazione di Ucraina e Russia nel gennaio 1654, ndr), che legittima ulteriormente la richiesta di annessione».