Panni stesi in una tendopoli improvvisata a Sarmada, nella provincia di Idlib - Ansa
"Non ho figli e non sono sposato", dichiara Boutros, nella sua vecchia casa decorata con croci e immagini sacre. "Prego a casa mia" perché a Idlib le chiese sono chiuse: non ci sono più fedeli. Ha compiuto 90 anni l'ultimo cristiano dell'ultima provincia ribelle nel Nord Ovest della Siria, rifugio degli oppositori al regime ormai monopolizzati dalle bande qaediste e fondamentaliste. Cristiano ortodosso, intervistato da "al-Monitor", si vanta di non aver mai abbandonato la sua casa da quando, nel 1931, è nato. Intanto, però, a Idlib e dintorni, i cristiani sono fuggiti altrove e soprattutto negli ultimi tre anni, mentre la crisi finanziaria mordeva e morde in tutta la Siria. Fuggiti da Idlib per lo più all'estero, in Turchia, che si trova a pochi chilometri a settentrione. Oppure passando il poroso confine che separa la provincia ribelle dalla regione di Aleppo e da quella di Hama, entrambe sotto il controllo governativo con il sostegno di Russai e Iran.
Da più di sei anni la città di Idlib è saldamente in mano a milizie che seguono una visione radicale dell'Islam sunnita e che amministrano la zona con il benestare della Turchia, potenza egemone nell'area. Benché Idlib sia nota da sempre per essere roccaforte del conservatorismo religioso a maggioranza sunnita, dentro e fuori la città vivevano anche altre comunità come sciiti, drusi, cristiani ortodossi. Tutte comunità spazzate via dalla guerra civile. Fino al 2012 si contavano nella regione di Idlib circa 10mila cristiani, oggi rimangono in 200, per lo più con un'età superiore ai 70 anni. Quelli con un'età compresa tra i 20 e i 40 anni - scrive al-Monitor - si contano sulle dita di due mani i cristiani con un'età compresa tra i 20 e i 40 anni.
"Non mi lamento", afferma Boutros. "Certo non vivo nel lusso, ma ogni giorno riesco a cucinarmi un pasto e a fare la doccia da solo. Per illuminare la casa uso il mazot", il combustibile oleoso adoperato per le stufe e le vecchie lampade. "Iddio si prende cura di me mentre sono qui a casa mia".
Il campo profughi di Sarmada, nella provicnia di Idlib - Ansa
Butros ha visto tutta la guerra: "Abbiamo assistito a battaglie e a ogni tipo di sciagura, ma non ho mai lasciato Idlib, nemmeno durante gli scontri tra il regime e le opposizioni nel 2015". Sul suo quartiere ricorda la pioggia di bombe a grappolo, missili, armamenti di ogni tipo. "Non sono mai scappato". Certo, ne è convinto anche lui: "Indietro non si torna" e Idlib non sarà mai più la stessa. Ma nel suo quartiere Boutros, per i suoi vicini di casa, non usa distinzioni religiose. "A Idlib ci sono persone buone e cattive... e visto che frequento solo persone buone, mi ritrovo circondato da chi mi tratta bene e mi ama", spiega. "Se dovessi aver bisogno di qualcosa, sono queste persone che condividerebbero con me il loro cibo e le loro bevande e che mi offrirebbero il loro aiuto. Con me non si risparmiano mai. Soprattutto i musulmani".