L'arrivo di un gruppo di sfollati da Goma nel campo di treabnsito di Rugerero, vicino Gisenyi in Ruanda - Ansa
La sostanziale impunità del Ruanda nel “grande gioco” dei minerali “insanguinati” del Nord Kivu; le responsabilità dell’Europa in un conflitto infinito e complicatissimo. E la longa manus degli Usa sul futuro minerario del Congo. Sono gli elementi a corredo del dramma in corso in queste ore a Goma, nella Repubblica democratica del Congo. Con la presa della città da parte del movimento armato M23 la guerra decennale è ad un punto di non ritorno. I missionari italiani in Africa lo denunciano inascoltati da almeno 15 anni: le immense ricchezze del suolo e sottosuolo sono la ragione che ha favorito la “balcanizzazione” del Congo. «Di certo è come se i nostri fratelli e sorelle d’Africa non esistessero per noi: tutto questo accade mentre usiamo tranquillamente le loro risorse per il nostro benessere quotidiano, come ai tempi di re Leopoldo del Belgio», commenta ad Avvenire don Giovanni Piumatti, per anni missionario nel Kivu. La certezza è che tutti abbiano approfittato del conflitto predatorio in corso nell’Est per accedere all’oro, cobalto, coltan, rame congolese, passando attraverso le triangolazioni del Ruanda.
Ieri le ambasciate di Ruanda, Francia e Stati Uniti (ma non quella italiana) a Kinshasa, sono state prese d’assalto da gruppi di contestazione locali, con l’accusa di appoggiare i ribelli dell'M23. Ma che ruolo avrà l’America di Trump in questa “corsa all’oro” finale, dominata finora dalla presenza cinese? «Anzitutto, sia gli Stati Uniti che la Francia e il Belgio, pur condannando l’M23, e di rimando il Ruanda per il sostegno fornito al movimento armato, non hanno mai imposto sanzioni commerciali a Kigali o all’ìimmarcescibile leader Paul Kagame. L’unica arma che davvero funzionerebbe», fa notare Luca Jourdan, docente universitario di antropologia politica a Bologna e ricercatore sul campo dal Nord Kivu. È invece certo che il neo eletto presidente Donald Trump andrà avanti con la costruzione del Corridoio di Lobito, arteria ferroviaria cruciale nell’Africa Australe.
Lunga circa 1.300 chilometri collegherà Zambia settentrionale e Angola, passando per il sud della Repubblica democratica del Congo, e da città come Kolwezi, finora al centro del business illegale del cobalto. Dal porto di Lobito, attraverso tutta la costa atlantica, una rete “faraonica” finanziata dagli Usa, trasporterà materie prime cruciali e terre rare, preziose per il futuro dell’economia occidentale.
L'arrivo di un gruppo di sfollati da Goma nel campo di treabnsito di Rugerero, vicino Gisenyi in Ruanda - Ansa
«È la svendita totale delle risorse naturali della regione», dominata non più dalla Cina, ma dagli Stati Uniti, sostiene l’analista economico congolese Dady Saleh. In quest’ottica si comprende meglio il sostegno dato a diversi “alleati” africani dell’Occidente, come il presidente Kagame, in Ruanda. Kagame, inoltre, ha saputo «capitalizzare» molto bene sulla tragedia del genocidio del 1994, sostiene Luca Jourdan. La milizia armata M23, senza il sostegno militare ruandese e senza il silenzio occidentale, «non sarebbe mai arrivata fino a Goma», è la convinzione di quasi tutti coloro che operano in Congo, tra missionari, cooperanti e testimoni locali. «Il Ruanda è stato sempre esaltato dalle diplomazie internazionali e ha goduto di libertà d’azione senza limiti nell’Est del Congo», denuncia Jourdan. Tanto che l’Unione Europea ha siglato a febbraio del 2024 con il Ruanda che non possiede miniere, un memorandum of understandig per favorire lo sviluppo «sostenibile» delle materie prime “critiche”, ossia per aiutare il Ruanda nella raffinazione di oro e tantalio. Inoltre, la società britannica Power Resources International, ad esempio ha in ballo la realizzazione di una raffineria di coltan nel parco industriale di Kigali. Nel frattempo è l’intero popolo dell’Est del Congo a pagare il prezzo più alto dell’instabilità e della predazione congolese. In queste ore a Goma si vive nel caos e nel terrore, i miliziani M23 hanno preso il controllo dell’aeroporto, mentre le vittime dell’Onu sono salite a 17 portando a «cento morti e oltre mille feriti», secondo fonti ospedaliere, il numero delle vittime degli scontro nella metropoli.
Tutti fuggono dalla città in fiamme, lasciando case vuote e vite appese. Chi può, compresi diversi connazionali, attraversa il confine ruandese: tra loro ci sono Marco Rigoldi, missionario laico nel Centro Casa Goma, e sua moglie Arielle Maweja, incinta del primo figlio. Avevano portato a Goma la loro missione tra i bambini e i ragazzi senza fissa dimora. «A Goma gli italiani sono rimasti in quindici, in buona parte religiosi, cooperanti e residenti abituali», si legge in una nota della Farnesina.