domenica 7 giugno 2009
Dal Sudafrica al Perù, sono ormai oltre 30 gli istituti che hanno regolato i conti con la storia superando la giustizia dei tribunali. Un avvocato fa la mappa.
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«In molti Paesi, i tribunali penali stanno evolvendo e ciò è dovuto anche all’influenza delle commissioni Verità e riconciliazione, molto più attente alle vittime rispetto alle istituzioni della giustizia tradizionale». Ad esserne convinto è l’avvocato e militante dei diritti umani Etienne Jaudel, di cui fa molto discutere in Francia l’ultimo saggio Justice sans châtiment («Giustizia senza castigo», edizioni Odile Jacob). Già segretario generale della Federazione internazionale delle leghe dei diritti dell’uomo, Jaudel analizza il ruolo vieppiù cruciale delle commissioni durante il crollo di regimi coperti d’obbrobrio, come in Sudafrica, e in generale dopo l’abominio di crimini di massa. «Anche se la riconciliazione è un obiettivo che solo il tempo può aiutare a raggiungere, le commissioni facilitano spesso almeno la coesistenza». Professor Jaudel, cosa distingue le commissioni rispetto alle altre istituzioni di giustizia?«Non si tratta di organismi giudiziari. Rappresentano in teoria un complemento ai tribunali, anche se di fatto sono state spesso create in Paesi dove la giustizia non funzionava. In effetti, i giudici non entrano in gioco e non si può neppure dire che i membri delle commissioni siano disinteressati. Del resto, non viene chiesto loro di essere obiettivi. Basta ricordare, in proposito, le celebri scene di Desmond Tutu che bacia i testimoni: scene inconcepibili in un tribunale. Lo scopo primario delle commissioni non è di condannare i colpevoli, ma di ascoltare le vittime». La creazione delle commissioni serve a colmare certi limiti dei tribunali penali? «Direi di sì, soprattutto se si pensa alla promozione delle vittime, i cui interventi restano spesso secondari nella giustizia tradizionale, così attenta invece alla parola dei colpevoli. C’è poi un altro aspetto. Di fronte ai crimini di massa, sanzionare i responsabili risulta sempre estremamente difficile. Le prove da Parigi Daniele Zappalà sono difficili da ottenere, i mezzi della giustizia si rivelano spesso insufficienti, i responsabili sono innumerevoli. Le commissioni si distinguono inoltre per la loro flessibilità di funzionamento, che le rende particolarmente adattabili ai diversi contesti».Nel lavoro delle commissioni, che tipo di riparazione è in gioco? «La compensazione appartiene soprattutto al registro dell’emozione. Le vittime spesso non reclamano vendetta, ma vogliono innanzitutto conoscere la verità. Credo si tratti dell’aspetto essenziale di questa nuova forma di giustizia. Rispetto a questa ricerca collettiva della verità, passa in secondo piano persino la condanna dei responsabili». Organismi quasi sempre non neutrali, le commissioni debbono nondimeno conservare una forma d’indipendenza? «Il problema dell’indipendenza resta, ma è di natura particolare. È assolutamente indispensabile che gli esperti e i membri delle Commissioni siano totalmente indipendenti dall’autorità pubblica. In altri termini, non sono accettabili compromissioni col potere, che fra l’altro le commissioni si preparano a sanzionare simbolicamente. Non viene richiesta, al contrario, alcuna neutralità nei confronti delle vittime. Anzi, un rapporto ravvicinato con le vittime può spesso giovare. In Marocco, del resto, la commissione era presieduta da un ex prigioniero politico». Data la gravità dei singoli contesti, la ricerca di un presidente ideale per queste commissioni pare un’impresa ardua… «In effetti, è una scelta molto difficile e lo stesso vale per tutti i membri. In Togo, dove una commissione è in corso di formazione, si è trattato a lungo di uno dei problemi cruciali. Solo nei giorni scorsi si è designato un presidente nella persona di Nicodème Barrigah, vescovo di Atakpamé. In alcuni Paesi, i commissari sono stati designati non a caso dalle Nazioni Unite. In altri, da istanze religiose o tradizionali. Non c’è uno schema fisso».È già possibile tracciare un primo bilancio generale? «Non si può certamente parlare di un successo generalizzato. In Sierra Leone, ad esempio, la commissione non ha ben funzionato, anche perché abbinata in modo probabilmente improprio con un tribunale internazionale. Nondimeno, ogni volta che si giunge a transizioni politiche particolarmente gravi, o quando emergono crimini di massa, viene posto il problema della costituzione di una commissione verità. Esiste dunque un reale bisogno e la tipologia istituzionale gode di un crescente successo. In questo momento, se ne discute anche in Madagascar, dov’è in corso una difficile transizione. O ancora in Libano e in Algeria. Un altro innegabile successo riguarda il dovere di memoria, data la straordinaria documentazione a disposizione degli storici prodotta dalle commissioni». La popolarità attuale delle commissioni risente anche dell’esperienza ormai celebre del Sudafrica? «Il successo mediatico della commissione sudafricana, fondato anche sul carisma personale di Desmond Tutu, ha contribuito largamente alla diffusione della formula. L’esperienza sudafricana ha dimostrato più di altre che il fatto di non ricercare in primo luogo dei responsabili consente delle testimonianze molto più complete e molto meno contestabili. Ma è al contempo vero che la commissione sudafricana, ancor oggi non poco criticata nello stesso Sudafrica, resta per molti aspetti unica. In particolare, per via della sua facoltà di concedere l’amnistia. Una scelta rischiosa molto raramente applicata altrove».
1974 E 1986 UGANDA A un decennio d’intervallo, due commissioni diverse hanno indagato sugli eccidi sotto il regime di Idi Amin Dada. Create da esecutivi militari (nel ’74, quello dello stesso Amin che indaga sull’esercito) e poco credibili all’estero, contribuiscono nondimeno in parte alla verità storica. 1982 BOLIVIA Con un mandato molto ristretto,la commissione verità ha indagato sui casi di desaparecidos,le sparizioni forzate, durante il periodo delle dittature militari compreso fra il 1964 e il 1982. 1983 ARGENTINA Commissione nazionale sui desaparecidos durante gli anni della dittatura di Videla dal 1976 al 1983. Conclusioni: 9mila casi repertoriati, accanto a 340 prigioni clandestine.Vengono individuati 1.500 responsabili sospetti. 1990 NEPAL Una commissione verità è stata chiamata a far luce sulle persone scomparse durante il periodo dei panchayat, i 'consigli' locali verticalmente assoggettati alla monarchia introdotti nel 1962. 1990 CILE Creata per far luce sui desaparecidos e le esecuzioni del periodo 1973-1990, la commissione ha stilato una lista di 2.279 morti o scomparsi, chiarendo il ruolo di istituzioni e media. Raccomandate riparazioni per le famiglie delle vittime di Pinochet. 1991 CIAD Commissione sui crimini e sulla corruzione del regime del presidente Hissène Habré. Ha indagato sui sequestri, le incarcerazioni illegali, gli assassini, le torture e tutte le altre violazioni dei diritti umani.1992 GERMANIA Il Bundestag ha istituito una commissione verità sulla storia e le conseguenze del regime instaurato nell’Est tedesco dal Sed, il Partito socialista unificato creato nel 1946. La dittatura comunista è qualificata come uno 'Stato senza diritto'. 1992 SALVADOR Sotto l’egida dell’Onu, sono stati designati tre prestigiosi commissari esterni, chiamati a indagare sulle spaventose violenze di Stato (omicidi politici, squadre della morte, massacri di contadini) a partire dal 1980. Indicata una lista di responsabili. 1994 SRI LANKA Tre commissioni presidenziali al lavoro sulle persone scomparse nel quadro della guerra civile. Cronologicamente, sono considerate solo le violazioni posteriori al 1991. Ma per molti osservatori, si tratta d’istituzioni di facciata. 1995 HAITI Col concorso dell’Onu, è stata istituita una Commissione verità e giustizia incaricata d’identificare autori materiali, complici e istigatori delle gravi violazioni commesse dopo il colpo di Stato del 1991. 1995 SUDAFRICAPresieduta da Desmond Tutu, la commissione ha ricercato per due anni le violazioni dei diritti dovute al regime dell’apartheid (1960-1993). Le audizioni sono pubbliche e filmate. Ad alcuni responsabili è stata concessa l’amnistia. Nel rapporto finale, 250 raccomandazioni, fra cui le riparazioni per le vittime. 1996 E 2007 ECUADOR A distanza di un decennio, due commissioni verità hanno esplorato rispettivamente le violazioni mai chiaritee a partire dal 1979 e poi, in particolare, su quelle sotto l’esecutivo di Febres Cordero, fra il 1984 e il 1988. 1997 GUATEMALA  Creata sotto l’egida dell’Onu e presieduta la una personalità esterna, un giurista tedesco, la commissione ha fatto luce sulle violazioni di massa dei diritti umani in particolare contro le popolazioni maya durante la lunga guerra civile. 2000 URUGUAY Una Commissione per la pace creata con decreto presidenziale ma presieduta dall’arcivescovo di Montevideo, Nicolas Cotugno, ha indagato sui desaparecidos e le prigioni segrete risalenti al periodo 1973­85, sotto la dittatura. 2001 PANAMA Una commisione verità ha scandagliato i crimini di massa del periodo 1968-88, legati ai regimi militari di Omar Torrijos e Manuel Antonio Noriega. 2001 JUGOSLAVIA Viene costituita una commissione verità sui crimini della guerra. Ma l’esperienza rivela presto i propri limiti, restando lontana dagli esiti sperati. 2001 GRENADA Una commissione è stata creata per ricostruire la drammatica svolta del 1983, quella del colpo di Stato e del successivo intervento americano.Al centro, i dubbi sulle responsabilità effettive dei '17 di Grenada', la fazione politica condannata dopo il golpe. 2001 PERÙCreata per decreto presidenziale, con membri designati anch’essi dal presidente, la commissione ha lavorato per due anni con audizioni pubbliche.Vengono identificati i responsabili delle gravi violenze di origine politica degli anni Ottanta e Novanta. 2002 TIMOR EST Sotto l’egida dell’Onu, la commissione ha chiarito le violazioni (fra cui, esecuzioni e torture) durante il conflitto fra il 1974 e il 1999. Le audizioni sono pubbliche.Vengono designati dei responsabili, ma la lista resta protetta. 2002 GHANA «Promuovere la riconciliazione nazionale del popolo del Ghana». È lo scopo di una commissione che indaga sulle violazioni dei diritti umani durante tre fasi più che controverse della storia nazionale. I tre periodi: 1966­69, 1972-79, 1981-93. 2002 SIERRA LEONE Il terribile conflitto interno degli anni Novanta ha spinto l’Onu a porre sotto la propria egida, oltre a un tribunale internazionale, anche una commissione attiva per due anni, con facoltà di designare i responsabili. Le audizioni sono pubbliche. 2004 MAROCCO Sotto l’egida della famiglia reale, che designa anche i commissari, l’organismo 'equità­riconciliazione' lavora per due anni. Le audizioni pubbliche ritracciano le violazioni (scomparsi, prigioni segrete, torture) a partire dall’indipendenza.2004 PARAGUAYPer ben quattro anni, una commissione verità indaga sulle vittime e le violazioni dei diritti umani commessi dal dittatore Alfredo Stroessner alla testa del Paese dal 1954 al 1989. 2004 REPUBBLICA DEMOCRATICA DEL CONGOPrevista dagli accordi di pace, una commissione verità e riconciliazione viene predisposta dal governo di transizione sugli anni della guerra interna. Ma il lavoro dell’organismo, anche per via dell’instabilità persistente nel Paese, ha suscitato critiche diffuse. 2005 INDONESIAUna commissione verità viene creata per individuare le violazioni dei diritti umani durante il regime del presidente Suharto, ma nascono difficoltà giuridiche. IN ATTIVITÀ COREA DEL SUDUna commissione verità presidenziale indaga sugli eccidi di sospetti comunisti all’inizio della guerra di Corea, anche attraverso l’analisi di fosse comuni. LIBERIA Chiamata a contribuire alla riconciliazione in uno dei Paesi più martoriati d’Africa, la commissione verità dovrà far luce sugli eccidi a ripetizione durante 14 anni di spaventosa guerra civile. IN CORSO DI COSTITUZIONE BURUNDI, KENYA,TOGO. 
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