martedì 26 marzo 2024
Botta e risposta su deputati spiati e hackeraggio. Pechino nega e rilancia: «Washington lavora per esaltare i cosiddetti attacchi informatici cinesi». Il premier britannico: ci difenderemo
Usa, Regno Unito e Nuova Zelanda accusano la Cina di cyberattacchi

Reuters

COMMENTA E CONDIVIDI

A scoperchiare il vaso di Pandora è stata per prima Londra, accusando apertamente Pechino di essere dietro il prolungato cyberattacco contro gli archivi della Commissione elettorale britannica, condotto a partire dall'agosto 2021 secondo quanto denunciato la scorsa estate e attribuito inizialmente a non meglio precisati «attori ostili». Il Regno Unito parla di «sfida epocale» alla sicurezza nazionale e di «minaccia alla democrazia». Poche ore dopo, gli Stati Uniti hanno accusato sette persone di nazionalità cinese di aver portato avanti cyberattacchi contro membri del Congresso, funzionari della Casa Bianca, candidati e società americane. Il Dipartimento di Giustizia e l'Fbi hanno parlato di attacchi vasti lungo 15 anni, nei quali sono rimasti intrappolati milioni di account online di cittadini americani mentre il piano cinese prendeva di mira funzionari. E anche la Nuova Zelanda ha riferito che un attacco informatico ai servizi parlamentari, avvenuto tre anni fa, è attribuibile a un gruppo cinese «sostenuto dallo Stato».

La Cina ha presentato «forti proteste» nei confronti di Stati Uniti, Regno Unito e Nuova Zelanda, accusando in particolare gli Usa di lavorare per «esaltare i cosiddetti attacchi informatici cinesi».

Ma vediamo cosa hanno scoperto gli inquirenti britannici, statunitensi e neozelandesi e in cosa consistono esattamente le accuse. In sostanza, viene denunciata una vasta campagna di spionaggio informatico portata avanti da un gruppo «sponsorizzato dallo Stato» cinese, che avrebbe colpito milioni di persone tra legislatori, accademici, giornalisti, e aziende tra cui anche appaltatori della difesa.

Gli Usa: spiate le mail di funzionari di una campagna elettorale

Secondo le autorità statunitensi, alcune attività di hackeraggio condotte dai sette cittadini cinesi sono riuscite a compromettere reti e account email. Fra le accuse più allarmanti, c'è quella relativa al fatto che gli hacker hanno preso di mira gli account email di diversi funzionari di una campagna elettorale di cui non è stato fatto il nome dal maggio 2020.

«Fino a quando la Cina continuerà a puntare gli Stati Uniti e i nostri alleati, l'Fbi continuerà a inviare il suo un messaggio chiaro, ovvero che il cyber spionaggio non sarà tollerato e perseguiremo senza sosta coloro che minacciano la nostra sicurezza e prosperità», ha detto il direttore dell'Fbi Christopher Wary.

Londra: spiati parlamentari che criticano Pechino, «ci difenderemo»

Nel Regno Unito il vicepremier Oliver Dowden, che ha coordinato per mesi il dossier, di fronte alla Camera dei Comuni e con l'appoggio di maggioranza e opposizioni ha annunciato sanzioni contro due individui e un'entità cinese (APT31, gruppo hacker «affiliato allo Stato» nella Repubblica Popolare) e la convocazione dell'ambasciatore di Pechino al Foreign Office.

L'intero vertice del governo Tory ha rilasciato dichiarazioni di fuoco. Il ministro degli Esteri, David Cameron, ha parlato di «azioni inaccettabili» evocando un faccia a faccia con l'omologo cinese Wang Yi. Il titolare dell'Interno, James Cleverly, ha puntato l'indice contro «il riprovevole tentativo di prendere di mira le istituzioni democratiche». Ed è intervenuto lo stesso premier Rishi Sunak, che è arrivato a parlare di una cesura «epocale» nei rapporti col gigante asiatico, additato come pericolo numero uno «a livello di Stati» e una «minaccia alla nostra sicurezza», economica e politica, dalla quale «abbiamo il diritto di proteggerci». Anche con misure «rapide e vigorose», gli ha fatto eco Dowden.

Nel suo intervento a Westminster, il vicepremier ha parlato di «minacce reali» e di un «attacco maligno», per quanto «senza successo», la cui origine l'esecutivo britannico afferma d'aver individuato grazie alla cooperazione d'intelligence con «gli alleati di gruppo dei Five Eyes» (Usa, Regno Unito, Canada, Australia e Nuova Zelanda).

Le incursioni hacker risultano essersi allargate a specifici parlamentari britannici notoriamente sgraditi alla Cina quali l'ex leader conservatore Iain Duncan Smith o l'ex ministro Tim Loughton, due falchi di politica estera; ma anche esponenti d'opposizione come Stewart McDonald del partito indipendentista scozzese (Snp), paladino progressista dei diritti umani.

Nuova Zelanda: hacker contro parlamentari

Il governo di Wellington ha dichiarato che un gruppo cinese sostenuto dallo Stato ha violato il suo sistema parlamentare in un attacco informatico avvenuto nel 2021. L'agenzia di sicurezza informatica della Nuova Zelanda ha collegato un gruppo «sponsorizzato dallo Stato» cinese ad «attività informatiche dannose contro entità parlamentari», ha detto il ministro della Sicurezza e Intelligence Judith Collins. L'attacco è stato contenuto, ha aggiunto.

© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI

ARGOMENTI: