Mariano Rajoy, premier spagnolo (Ansa)
«Nessuno può parlare a nome della Catalogna se non contempla tutta la Catalogna. Ciò che è evidente dopo il voto è che la Catalogna non è monolitica ma è plurale». Lo ha detto il premier spagnolo Mariano Rajoy, all'indomani delle elezioni per il parlamento di Barcellona. Rajoy si è detto pronto ad avviare una «nuova tappa» di «dialogo» con il governo che sarà formato in Catalogna, sempre «nel rispetto della legge».
Alla domanda di una giornalista sulla possibilità di un incontro con Puigdemont, Rajoy ha risposto «dovrei sedermi con chi ha vinto le elezioni, che è Ines Arrimadas», la leader catalana di Ciudadanos, formazione centrista unionista risultata primo partito al voto. «Il governo continua, la legislatura dura quattro anni», ha detto il primo ministro confermando la scadenza naturale del 2020.
I risultati del voto
Dopo le elezioni di ieri il fronte dei partiti separatisti catalani riconquista la maggioranza del Parlamento regionale (Generalitat) di Barcellona. I partiti favorevoli all'indipendenza contano complessivamente 70 seggi su 135, con Junts Per Catalunya dell'ex presidente Carles Puigdemont che si conferma la principale forza indipendentista. Il partito unionista Ciudadanos è stato il più votato, ma sono andate male le altre forze contrarie all'indipendenza: il Partido popular del premier spagnolo Mariano Rajoy, che ha conquistato appena 3 deputati, e i socialisti. Si è registrata un'affluenza record dell'86%.
Primo partito è l'unionista Ciudadanos con il 25,4% (37 seggi). Secondo il partito di Puigdemont, Junts Per Catalunya, con il 21,6% (34 seggi). Terzo l'indipendentista Erc-CatSì con il 21,4% (32 seggi). Seguono i socialisti di Psc con il 13,9% (17 seggi), Catcomù-Podemos con il 7,4% (8 seggi), l'ultrasinistra filo-indipendentista di Cup con il 4,4% (4 seggi) e i popolari di Pp con il 4,2% (3 seggi).
Sono incriminati 17 deputati su 135
Il 12,6% dei membri del nuovo parlamento catalano (17 deputati su 135) è incriminato dalla giustizia spagnola, tre neo-onorevoli sono in carcere e tre in esilio in seguiti da mandato di arresto. Tutti sono accusati di "ribellione" per avere portato avanti pacificamente il progetto politico dell'indipendenza e rischiano 30 anni di carcere. Il più autorevole candidato alla presidenza catalana, Carles Puigdemont, è "in esilio" in Belgio, il probabile vicepresidente Oriol Junquerqas è in carcere a Madrid.
Esulta Puigdemont: «Ora la Ue ci ascolti»
«Lo Stato spagnolo è stato sconfitto» ha dichiarato stamani esultante l'ex presidente della Generalitat, Puigdemont, aggiungendo che la situazione in Catalogna ora necessita di «una rettifica, di una riparazione e di una restituzione» da parte del governo. Accanto a lui a Bruxelles c'erano altri quattro ex ministri del suo governo, che hanno seguito lo spoglio da un centro congressi nella capitale belga in cui erano presenti anche membri del movimento secessionista fiammingo.
Più tardi Puigdemont ha tenuto una conferenza stampa, nella quale ha ribadito che «il futuro della politica in uno stato democratico lo decidono sempre gli elettori. Non si possono avere soluzioni se non con il rispetto delle urne». Il leader catalano ha ripetuto: «La ricetta di Rajoy ha fallito» aggiungendo che è disposto a incontrare Rajoy, fuori dalla Spagna. «Non chiedo alla Commissione europea di cambiare idea, chiedo però di ascoltarci, di ascoltare i cittadini che si sono espressi in massa» ha detto. «Ascolti il governo spagnolo, ma anche noi abbiamo il diritto di essere ascoltati».
Sale la tensione fra Barcellona e Madrid
Il risultato andrà a riaccendere la tensione in Catalogna - temporaneamente sopita dal commissariamento del governo locale da parte di Madrid dopo la dichiarazione unilaterale di indipendenza - e ad alimentare la crisi istituzionale in Spagna.
Il voto ha deluso le attese di chi, in primis il premier Rajoy, puntava a una mobilitazione della «maggioranza silenziosa» catalana contro le richieste di indipendenza. L'esito del voto - inatteso, visto che i sondaggi davano un testa a testa - prepara il terreno per il ritorno al potere di Puigdemont, il presidente catalano deposto da Madrid che ha fatto campagna elettorale da Bruxelles e che rischia l'arresto se dovesse tornare in Spagna.
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L'Unione Europea: sempre con Madrid
La risicata vittoria del fronte separatista è un altro grattacapo per l'Unione Europea, che ha difeso la scelta di Madrid di perseguire dal punto di vista giudiziario i leader separatisti, avendo questi ultimi violato la Costituzione spagnola. «La nostra posizione su questa questione è ben nota, ribadita spesso e a tutti i livelli, e non cambierà» ha detto una portavoce della Commissione Ue all'agenzia Ansa. «Non abbiamo nessun commento da offrire sui risultati di questa elezione regionale», ha rimarcato