Profughi in cerca di un asilo al confine tra Bielorussia e Polonia, fronteggiati dalla guardia di frontiera polacca - Ansa/Belta
Un bambino di appena un anno muore di freddo in una foresta alle porte della «fortezza Europa». È solo l’ultimo drammatico fotogramma della situazione al confine tra Bielorussia e Polonia, l’ultimo segnale che invoca umanità e rispetto per la vita di migliaia di persone allo sbando. I genitori del piccolo sono stati ritrovati feriti e subito soccorsi, ma per il bimbo non c’era più nulla da fare.
La famiglia, proveniente dalla Siria, era nella zona già da sei settimane, secondo quanto ha riferito l’organizzazione non governativa Polish Emergency Medical Team. Sei settimane trascorse, con poco cibo a disposizione, tra temperature rigidissime, in rifugi di fortuna ricavati nella folta vegetazione, rifugi che per il bimbo non sono bastati, che non potevano bastare.
«È straziante vedere un bambino morire di freddo alle porte d’Europa. Lo sfruttamento dei migranti e dei richiedenti asilo deve cessare, la disumanità deve cessare», ha sottolineato su Twitter il presidente del Parlamento Europeo, David Sassoli. Sul terreno la situazione resta drammatica. Il numero dei migranti morti è salito a dodici, mentre il numero dei profughi ammassati alla frontiera polacca, secondo Minsk, è di circa 7mila persone.
Ieri la polizia bielorussa è intervenuta nella zona vicino al villaggio di Bruzgi, sgomberando i principali accampamenti informali dei migranti e trasferendoli in una ex caserma ad alcune centinaia di metri di distanza.
Nel frattempo, mentre un aereo con 431 migranti iracheni a bordo ha lasciato la Bielorussia per l’Iraq, le forze di sicurezza polacche hanno arrestato un gruppo di circa 100 migranti che l’altra notte aveva tentato di attraversare il confine. L’incidente è avvenuto vicino al villaggio di Dubicze Cerkiewne. Il ministero della Difesa di Varsavia ha addossato la responsabilità dell’accaduto alle forze bielorusse, che «molto probabilmente» hanno danneggiato la recinzione di filo spinato.
A livello diplomatico continua ad essere attiva la mediazione di Angela Merkel, alla seconda telefonata in tre giorni con «il signor Lukashenko». Secondo quanto ha riferito ieri portavoce del governo tedesco, Steffen Seibert, la cancelliera uscente ha parlato mercoledì per la seconda volta con il presidente bielorusso (il quale nel comunicato dell’esecutivo di Berlino viene indicato semplicemente come «il signor Lukashenko»).
Nella telefonata Merkel ha insistito nei confronti dell’uomo forte di Minsk perché faciliti «il sostentamento e il soccorso» nonché la «possibilità del ritorno delle persone colpite» in collaborazione con Nazioni Unite e Commissione Ue. Sulla crisi è intervenuto ieri anche il presidente russo Vladimir Putin, accusando l’Occidente di usare la questione per fare pressione su Minsk. «Non si può fare a meno di vedere che i Paesi occidentali stanno usando la crisi migratoria al confine tra Bielorussia e Polonia come un nuovo motivo di tensione in una regione vicina a noi, per fare pressione su Minsk», è stata la netta presa di posizione del capo del Cremlino.