Una delle due petroliere colpite nello stretto di Hormuz (Ansa)
La miccia di un conflitto, che potrebbe assumere proporzioni pericolose, è stata accesa giovedì, quando al largo dell’Oman, tra gli Emirati arabi e l’Iran, due petroliere sono state «attaccate» a sud dello Stretto di Hormuz (attraverso cui transita il 40 per cento del petrolio mondiale) da attori finora ignoti, che non avrebbero esitato a usare «siluri» per trasformare il Golfo da crocevia geopolitico ed economico in una polveriera. Due petroliere con carichi «collegati al Giappone» – la Altair e la Kokuka Corageous – sono andate in fiamme, e gli equipaggi hanno dovuto abbandonarle.
Ad accorrere in loro aiuto, le Marine dei due Paesi protagonisti di una partita geopolitica da qualche mese sull’orlo del baratro di una guerra: la Quinta flotta degli Stati Uniti, basata nel Bahrein, ha affermato di aver ricevuto una richiesta di aiuto dalle due navi, indicando che si è trattato di «due allarmi distinti, uno alle 6,12 del mattino e un altro alle 7 del mattino (ora locale)». «Le navi americane – ha spiegato un comunicato – si sono recate sul posto e forniscono assistenza». A sua volta, la Marina dell’Iran (che però è sotto accusa) sostiene di aver soccorso 44 membri degli equipaggi delle due petroliere.
Gli attacchi sono stati pianificati e mirati, e hanno causato il ferimento lieve di un marinaio sulla Kokuka, il cui carico di metanolo, ha riferito l’armatore, è «in salvo». La nave è stata inseguita, dopo il primo attacco: «Il nostro equipaggio ha messo in atto manovre di fuga, ma tre ore più tardi è stata colpita nuovamente. A quel punto era pericoloso restare a bordo», ha detto Yutaka Katada, presidente della compagnia giapponese Kokuka Sangyo.
A bordo dell’Altair, operata dalla compagnia norvegese Frontline, le esplosioni a bordo sono state tre. «La nave – ha spiegato l’Autorità marittima di Oslo – è stata attaccata alle 6,03 del mattino, in un’area tra gli Emirati arabi e l’Iran». La nave trasporta 75mila tonnellate di nafta e potrebbe essere stata colpita da un siluro.
Gli episodi di giovedì, che hanno fatto segnare un balzo in avanti del prezzo del petrolio, seguono quelli del 12 maggio scorso, quando quattro petroliere – due saudite, una norvegese e una degli Emirati – furono sabotate nella stessa area, al largo di Fujairah, nello stesso mare che ha visto l’ingresso precauzionale in chiave anti-iraniana della portaerei Abraham Lincoln, base per 40 cacciabombardieri, a cui si aggiungono altri B-52 inviati di recente dall’amministrazione Trump.
Sia Riad, acerrima nemica di Teheran, sia Washington accusarono l’Iran per quel sabotaggio, che precedette un attacco alla condutture petrolifere saudite da parte dei ribelli Houthi dello Yemen, dove Arabia e Iran combattono da anni una guerra per procura.
Teheran giovedì ha messo subito le mani avanti: il ministro degli Esteri, Javad Zarif, ha definito «sospetti» gli attacchi. In un tweet, il capo della diplomazia iraniana ha voluto sottolineare che «i riferiti attacchi a cargo legati al Giappone sono avvenuti mentre il premier di Tokyo, Shinzo Abe, sta incontrando il leader supremo dell’Iran, l’ayatollah Ali Khamenei.
L’Ue ha invitato a «evitare le provocazioni » ed esortato alla «massima moderazione». Il mondo «non può permettersi un conflitto generale nel Golfo», ha sottolineato il segretario generale delle Nazioni Unite, Antonio Guterres. Il Consiglio di sicurezza dell’Onu ha tenuto una riunione di emergenza, su richiesta degli Stati Uniti, per discutere della situazione. Gli attacchi giungono sullo sfondo delle tensioni fra Iran e Usa. L’anno scorso Washington ha lasciato l’accordo del 2015 sul nucleare e ha poi ristabilito le sanzioni contro la Repubblica islamica. Ricevendo il premier giapponese, l’ayatollah Khamenei ha respinto l’ipotesi di dialogo con Donald Trump, affermando che «non merita che scambiamo dei messaggi con lui».
Riad ha accusato l’Iran di essere colpevole «da 40 anni di morte, distruzione e caos» nella regione. «Sono loro i responsabili, per colpire gli alleati degli Stati Uniti – ha sostenuto anche il segretario di stato Usa Mike Pompeo riguardo agli attacchi di giovedì – La risposta sarà economica e diplomatica», ma gli
Usa «vogliono che l’Iran torni ai tavoli dei negoziati» sul nucleare. «Personalmente penso che sia troppo presto addirittura per pensate di fare un accordo. Loro non sono pronti, e neppure noi!», ha però twittato Trump subito dopo.