sabato 13 gennaio 2024
Domani entra in carica l'outsider progressista eletto a sorpresa ad agosto. Negli ultimi 4 mesi, il vecchio establishment ha cercato in ogni modo di tagliarlo fuori. Cruciale la mobilitazione indigena
Il presidente eletto Bernardo Arévalo ha 65 anni

Il presidente eletto Bernardo Arévalo ha 65 anni - Reuters

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Domani non comincia solo un nuovo mandato presidenziale. L'arrivo al palazzo di governo di Bernardo Arévalo, 65 anni, inaugura una nuova stagione della democrazia guatemalteca. Per la prima volta dalla fine della trentennale guerra civile nel 1996, ad occupare la massima carica, sarà una figura esterna all'establishment. Con quest'ultimo termine non si intendono i partiti tradizionali bensì l'alleanza dominante tra i grandi potentati, in primis economici, e gli alti vertici militari. L'ingranaggio che ha impedito di conoscere la verità sull'omicidio del vescovo Juan Gerardi, il giorno dopo aver denunciato le violazioni dei diritti umani perpetrate dalle forze armate durante il conflitto, il 26 aprile 1998. Che ha garantito, per 28 anni, l'impunità ai reduci della dittatura, a cominciare da Efraím Ríos Montt, la cui condanna per crimini contro l'umanità è stata annullata dalla Corte Costituzionale. E che, negli ultimi anni, ha consentito la sistematica persecuzione di giornalisti, attivisti e magistrati "scomodi".

Il "sistema" - denunciato a lungo dagli analisti - s'è rivelato in tutta la sua forza negli oltre quattro mesi trascorsi tra la vittoria elettorale del progressista Arévalo, il 20 agosto, e l'entrata in carica. Il leader del Movimento semillas, accademico ed ex diplomatico, ha denunciato più volte un intento di golpe "preventivo" nei suoi confronti, guidato dalla procuratrice generale, Consuelo Porras. A impedire che l'elezione fosse annullata per vie giudiziali è stata soprattutto l'intensa mobilitazione dei cittadini, in particolare indigeni, i quali rappresentano oltre il 40 per cento della popolazione. Per oltre cento giorni, migliaia di persone sono rimasti per le strade, in presidio permanente. Centrale anche la solidarietà internazionale, in particolare di Usa e Ue. Washington e Bruxelles hanno criticato il governo uscente, guidato da Alejandro Giammettei, e imposto sanzioni a quanti hanno cercato di ostacolare la transizione. Questa settimana, l'alto rappresentante, Josep Borrell, si è recato a Città del Guatemala, per esprimere il sostegno dei Ventisette al neo-eletto.

La sfida più impegnativa per il presidente, però, comincia ora. Arévalo dovrà dare seguito alle sue promesse di combattere la corruzione, attraverso il perseguimento, per vie legali, di quanti sono coinvolti in giri di mazzette. E, soprattutto, attuare una serie di riforme affinché tali scandali non siano possibili. Non sarà facile: il Movimento semillas non ha la maggioranza in Parlamento e dovrà essere in grado di tessere alleanze. In un Centro America in pieno reflusso autoritario - dal Salvador al Nicaragua -, però, il primo passo verso un nuovo corso in Guatemala è già una buona notizia.

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