Sfollati palestinesi arrivano nel campo profughi di Jabalia provenienti da Beit Lahia, sempre nel nord della Striscia di Gaza, il 4 dicembre 2024 - Ansa
Una lunga tregua non sarebbe la fine della guerra, ha detto al Times of Israel un alto funzionario israeliano. Puntualizzazioni a parte, il cessate il fuoco che l’Egitto è impegnato a mediare sarebbe ossigeno per Gaza agonizzate. La fonte ha negato che Tel Aviv abbia presentato una nuova bozza, precisando che è un’iniziativa egiziana sulla quale si attende la risposta di Hamas. Sul sito americano Axios filtrano i punti cardine: dai 42 ai 60 giorni di sospensione delle ostilità; il rilascio di tutti gli ostaggi ultracinquantenni in vita e dei più fragili (sono 101, vivi o morti); la scarcerazione di centinaia di detenuti palestinesi, compresi alcuni ergastolani.
In questa ripresa dei negoziati sarebbe tornato in scena il Qatar. A fine novembre, rende noto la Reuters, era volato a Doha Steven Witkoff, inviato per il Medio Oriente del presidente americano eletto Donald Trump. In un’intervista a Sky News, il premier del Qatar, Mohammed bin Abulrahman al-Thani, ha detto che Trump vuole che si raggiunga un accordo al più presto, prima del suo insediamento il 20 gennaio.
Al dopoguerra nella Striscia guarda il ministro della Sicurezza Itamar Ben-Gvir, sostenuto dai coloni: in un’intervista al podcast Maariv, ha detto che vorrebbe presentare a Trump «un programma per incoraggiare gli insediamenti a Gaza», non prima di aver invitato i palestinesi a «emigrare».
E proprio l’atteggiamento dello Stato ebraico nei confronti di chi vive nella Striscia è all’origine delle pesanti accuse contenute nel nuovo rapporto di Amnesty International, dal titolo eloquente: “Ti senti come se fossi subumano. Il genocidio di Israele contro la popolazione civile a Gaza”. Un documento di oltre 300 pagine che prende in esame 212 testimonianze dirette, prove visive e digitali tra cui immagini satellitari e dichiarazioni ufficiali relative a fatti avvenuti fra il 7 ottobre 2023 e l’inizio di luglio, e li contestualizza «nei decenni di occupazione militare illegale» e di «apartheid». I risultati sono stati presentati alle autorità israeliane, senza ottenere risposta.
La segretaria generale di Amnesty, Agnès Callamard, spiega che il rapporto «dimostra che Israele ha commesso atti proibiti dalla Convenzione di Ginevra, con l’intento specifico di distruggere i palestinesi a Gaza». «Questi atti – prosegue – includono uccisioni, lesioni fisiche o mentali gravi. Mese dopo mese, Israele ha trattato i palestinesi di Gaza come un gruppo subumano indegno di diritti umani e dignità, dimostrando il suo intento di distruggerli fisicamente». «Lo scopo genocida – aggiunge – può coesistere con obiettivi militari».
UNA SINTESI DEL RAPPORTO (in italiano)
IL TESTO INTEGRALE DEL RAPPORTO (in inglese)
Il rapporto ha suscitato la levata di scudi di Amnesty Israele. Smarcandosi da una «conclusione predeterminata», la sezione chiede il cessate il fuoco e denuncia crimini gravissimi, ma «non accetta l'affermazione che sia stato dimostrato che si sta verificando un genocidio nella Striscia né i risultati operativi del rapporto». Tuttavia, è spaccata: si sono dimessi il presidente e due membri palestinesi del direttivo. La replica dell’Ong: «Determinare se una situazione costituisca genocidio è compito del diritto internazionale, non è un’opinione. Amnesty International è orgogliosa della qualità delle sue ricerche». Annunciato un rapporto sui crimini di Hamas.
Il documento è anche un atto d’accusa alla comunità internazionale, i cui governi «devono smettere di fingere di essere impotenti» e intraprendere «un’azione internazionale forte e sostenuta, per quanto scomoda possa essere».
Com’era prevedibile, il ministero degli Esteri accusa Amnesty di essere «un'organizzazione deplorevole e fanatica» che «ha prodotto ancora una volta un rapporto inventato, completamente falso e basato su bugie».
Mentre la tregua in Libano regge, è tornato a parlare il leader di Hezbollah, Naim Qassem. Assicurando che il gruppo «ha subito ferite, ma guarisce», ha annunciato di aver distribuito più di 57 milioni di dollari a oltre 170mila famiglie danneggiate dalla guerra. E ha lanciato un appello ai Paesi arabi per la ricostruzione. Segno che, come molti analisti sostengono, Hezbollah resterà una presenza a lungo termine.