Bambini raccolgono l'acqua per le vie di Aleppo (Ansa)
A scuola di riconciliazione, per riannodare legami spezzati da quasi cinque anni di guerra civile e in particolare da mesi di assedio medievale dei quartieri della zona Est della città. La rinascita di Aleppo, a quasi due anni dalla fine dei combattimenti, non può che essere un processo molto lungo. Ma non per questo impossibile da accompagnare.
Per questo potrebbe essere un passo decisivo per la rinascita anche psicologica della città il corso «Tutori di resilienza» che dal 26 settembre al primo ottobre la Fondazione marista per la solidarietà internazionale vuole ospitare nelle sue strutture di Aleppo. Dopo che alcuni operatori dei maristi blu, la storica associazione di volontariato legata alla congregazione mariana, ha partecipato nell’estate del 2017 a Rmeyleh (Libano) a un primo corso organizzato all’interno del progetto Fratelli, l’obiettivo è di riuscire a realizzare lo stesso corso direttamente in un contesto dove le ferite di guerra sono ancora aperte e vie nella memoria recente.
Per questo il Bice – Bureau International Catolique de l’Enfance – ha già stanziato 5mila euro per l’iniziativa mentre l’associazione Francesco Realmonte, grazie ai fondi della raccolta con la campagna Humanity promossa da Focsiv e Avvenire, sosterrà l’organizzazione del corso con una quota pari a 3mila euro. Un corso che vuole riproporre in un contesto di crisi ancora da superare i modelli studiati dall’Unità di ricerca sulla resilienza dell’Università Cattolica di Milano diretta da Cristina Castelli, docente nell’ateneo e vice-presidente del Bice.
Il corso di formazione, proposto ad educatori e operatori sociali, utilizza una metodologia teorico-pratica per aggiornare o rinforzare le conoscenze teoriche e le competenze pratiche degli operatori, per creare una relazione positiva con bambini e adolescenti in difficoltà, aiutandoli a riprendere il percorso della vita.L’obiettivo, spiega Cristina Castelli, «è di aiutare attraverso strumenti informali, come la musica e i racconti, a ricostruire una continuità culturale e sociale che superi le ferite di guerra». Destinatari, ad Aleppo, sono una trentina di operatori che poi potranno ripetere, come in un moltiplicatore, il metodo: «Solo chi ha capito e sa raccontare il suo trauma può poi leggerne i segnali e aiutare gli altri a superarlo».