Il terremoto non si è fermato a Durazzo: gli aiuti convergono, com'è ovvio, nel capoluogo del cratere sismico, ma gli angeli della polvere albanesi stanno raggiungendo in queste ore anche villaggi come Sukth. «In aperta campagna, molti anziani e malati non hanno più un tetto e hanno bisogno di cibo e medicine» ci racconta il giovane Arkid Avdullaj. Lui viene da Durazzo. Anche la sua casa è lesionata.
Oggi ha portato quel che c'era a Sukth, che si trova nell'interno. E' uno degli universitari mobilitati dall'Università di Stato. Un esercito pacifico di ventimila ragazzi che hanno immediatamente vestito la pettorina rossa. Il rettore, Kseanela Sotirofski, li ha distributi tra il punto di raccolta di Currila, nel centro della città, e quello di Spitalle, in periferia. Da lì, come dallo stadio e dagli altri centri di soccorso, gli universitari organizzati ormai in un autentico corpo di volontari, partono per le aree disastrate.
Non solo a Durazzo, appunto. Lavorano anche tra le macerie di Shijak, che si trova a dieci chilometri dalla città, e dei villaggi come Sukth. «Sono due giorni che non dormiamo e c’è davvero tanto da fare» ci racconta Xhafer Rakipllari, docente di politiche pubbliche e direttore dei servizi accademici, delegato del rettore a organizzare gli aiuti.