Il procuratore capo della Corpe penale dell'Aja Karim Khan - International Criminal Court
Non capita spesso che il procuratore della Corte penale dell’Aja vada di persona sui teatri di guerra. Ma Karim Khan ha raggiunto a sorpresa Kiev per verificare di persona le notizie che gli giungevano anche dai suoi investigatori, dispiegati riservatamente sul campo fin dall’inizio dell’invasione.
Sul caso Ucraina sono impegnati due organismi differenti, ciascuno con differenti competenze. Si tratta della Corte internazionale di giustizia e della Corte penale internazionale. Il primo, è l’organo giudiziario Onu, ma non si occupa di crimini commessi da singoli, quanto di dirimere i contrasti tra gli Stati. Proprio questo organismo ha chiesto alla Russia di fermare l’aggressione. Tuttavia Mosca non si è presentata all’udienza.
La Corte penale internazionale, invece, non è un organo di diritto dell’Onu. Tuttavia può essere attivata dal Consiglio di sicurezza Onu che ha il potere di deferire alla Corte situazioni che altrimenti non sarebbero sotto la sua giurisdizione. L’Ucraina rientra tra questi, poiché né Kiev né Mosca (come del resto anche gli Stati uniti) hanno aderito allo Statuto di Roma, l’atto fondativo della Corte penale.
"Dobbiamo insistere che ci sia tolleranza zero per qualsiasi crimine di violenza sessuale, di genere o contro i bambini e questo sarà sempre più importante con l'intensificarsi della guerra urbana", ha detto Khan assicurando che indaghera “su tutte le parti in conflitto”.
Chi lo conosce sa che Khan è un osso duro. E' stato Assistente del segretario Generale delle Nazioni Unite ed è stato il primo Consigliere Speciale e Capo della Squadra Investigativa delle Nazioni Unite per i crimini commessi dal Daesh. Ha una vasta esperienza come pubblico ministero, avvocato delle vittime e avvocato difensore in tribunali penali nazionali e internazionali,, come il Tribunale penale internazionale per il Ruanda, il Tribunale internazionale per l'ex Jugoslavia, le Camere straordinarie della Tribunali della Cambogia, il Tribunale speciale per il Libano e il Tribunale speciale per la Sierra Leone.
Rientrando dai territori di guerra il procuratore ha divulgato un lungo resoconto, spiegando che il viaggio “mi ha permesso di valutare personalmente la situazione sul terreno, di incontrare le comunità colpite e di accelerare ulteriormente il nostro lavoro impegnandoci con le controparti nazionali”.
L'Ucraina non ha ancora aderito allo Statuto di Roma, l'atto fondativo della Corte penale internazionale. Ma proprio lo Statuto prevede che se un Paese non aderente chiede alla Corte di intervenire impegnandosi a collaborare con l'Aja, a quel punto verrebbe attivata la giurisdizione del Tribunale. E nel 2014, dopo l'annessione della Crimea da parte della Russia, Kiev aveva chiesto e ottenuto l'intervento della Corte, che dunque ha piena giurisdizione, anche in forza del deferimento di Mosca sottoscritto da una quarantina di Paesi membri.
Gli investigatori della Cpi avevano avviato contatti anche con gli inviati di alcune testate giornalistiche per incrociare le verifiche circa l’accusa di violazione dei diritti e crimini di guerra. A rischiare di venire trascinati davanti al tribunale internazionale non sono in pochi. “Il mio messaggio è stato chiaro: siamo pronti a lavorare con tutte le autorità nazionali competenti per ottenere informazioni, costruire uno sforzo collettivo per stabilire la verità e garantire che gli individui responsabili di crimini internazionali siano ritenuti responsabili in un tribunale”, ha scritto il procuratore. “Sono sinceramente grato - ha aggiunto - per la disponibilità del ministro degli Esteri e del procuratore generale di Kiev a incontrarmi in un momento incredibilmente difficile per tutti in Ucraina”. Nessuna cooperazione fino ad ora è venuta da Mosca. “Ho sottolineato la mia volontà - spiega ancora Khan - di ampliare la collaborazione con tutte le autorità nazionali competenti, in modo da poter garantire insieme che le presunte violazioni del diritto internazionale siano oggetto di indagini approfondite”.
Nei fascicoli dell’Aja ci sono già centinaia di testimonianze dirette. “I racconti che ho ascoltato da uomini, donne e bambini - ha detto il procuratore - hanno approfondito la mia preoccupazione per l'impatto di questa situazione sulla popolazione civile”.
Da qui un chiaro avvertimento: “Se gli attacchi sono diretti intenzionalmente contro la popolazione civile: questo è un crimine che il mio ufficio può indagare e perseguire. Se gli attacchi sono diretti intenzionalmente contro strutture civili, compresi gli ospedali: questo è un crimine che il mio ufficio può indagare e perseguire”.
Non si tratta di argomenti a caso. Gli investigatori hanno già numerose evidenze degli attacchi e delle stragi di civili. Se venisse dimostrato che non si tratta di “errori di calcolo” ma di una strategia, i primi a venire perseguiti sarebbero i militari. I primi, non gli unici. “Coloro che partecipano a queste ostilità, come forze armate regolari, milizie o gruppi di autodifesa - ha aggiunto il procuratore rivolgendosi a tutte le parti -, devono sapere che indossando un'uniforme o portando le armi non sono esonerati dalla responsabilità, ma anzi assumono ulteriori obblighi legali”. In altre parole, “coloro che non agiscono in conformità con il diritto umanitario internazionale”, saranno “ritenuti responsabili in conformità con lo Statuto di Roma”.
I primi riscontri sono stati raccolti: “Stiamo già attivamente raccogliendo prove per perseguire questo obiettivo, e credo che la mia visita rafforzerà questo lavoro”. Il prossimo passo sarà incontrare le autorità di Mosca, sempre che non vogliano sfuggire alle domande, come già fatto davanti alla Corte di giustizia dell’Onu: “Ho anche trasmesso una richiesta formale alla Federazione Russa per incontrare le loro autorità competenti e discutere la situazione attuale per quanto riguarda il mandato del mio ufficio. A mio parere, è essenziale che la Federazione russa si impegni attivamente in questa indagine e sono pronto a incontrarla”. Non sarà un lavoro facile: “Dobbiamo garantire che l'intera gamma di prove documentali, digitali, forensi e testimoniali sia utilizzata come parte delle nostre indagini”.
Ma Khan richiama tutti gli Stati membri a collaborare poiché ciascuno può fornire elementi essenziali all’inchiesta. Una cooperazione che mostrerà se vi è coerenza tra le dichiarazioni pubbliche di condanna e i fatti concreti. “Ribadisco il mio appello agli Stati a fornire assistenza al mio Ufficio, anche attraverso contributi finanziari volontari e la messa a disposizione di esperti nazionali distaccati. Questo - ribadisce il procuratore - sarà essenziale per far fronte alle urgenti necessità di risorse del mio Ufficio”.