mercoledì 15 novembre 2023
L’economista indiano Navi Radjou: «Acqua, materie prime ed energia non sono infinite. Occorre un’economia rigenerativa in cui è centrale l’uomo»
L’economista Navi Radjou, autore di «Innovazione frugale: come fare di più con meno», edito in Italia da Rubbettino

L’economista Navi Radjou, autore di «Innovazione frugale: come fare di più con meno», edito in Italia da Rubbettino

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Come si può essere innovativi utilizzando sempre meno risorse? In un mondo che si sta accorgendo come materie prime, acqua ed energia non sono risorse infinite, tocca ingegnarsi perché l’economia circolare e la sostenibilità non restino solo belle nicchie, ma elementi decisivi per il futuro di tutti, che contribuiscano a una vera e propria «rigenerazione». Anche perché, spiega a L’Economia Civile l’economista indiano Navi Radjou, «stiamo entrando in un’Era di Convergenza, in cui problemi come il cambiamento climatico, la disuguaglianza sociale, le malattie croniche stanno appunto convergendo per creare “problemi senza frontiere”, a cui sarà fondamentale rispondere in maniera unita». Nato 53 anni fa a Pondicherry, sulla costa sud-orientale dell’India, in un quartiere in cui ha visto da vicino povertà ed esclusione sociale, Radjou è un noto sostenitore della teoria dell’“innovazione frugale”, tema cui nel 2015 ha dedicato un fortunato libro insieme a un altro economista indiano, Jaideep Prabhu, dal titolo emblematico: Innovazione frugale: come fare di più con meno (edito in Italia da Rubbettino). In una parola, in lingua hindi, è “Jugaad”, che da noi suonerebbe più o meno come l’arte di arrangiarsi.

«A partire dalla Seconda guerra mondiale non abbiamo mai vissuto un tale periodo di crisi, un periodo che mette davanti alla finitezza delle risorse non solo i Paesi poveri ma anche l’Occidente – sottolinea Radjou –. Il cambiamento climatico riduce le fonti d’acqua disponibile e lo stesso vale per le materie prime, dobbiamo quindi trovare un modo di crescere ugualmente ma utilizzando meno risorse e usandole meglio. Anche in Europa aumenta la povertà e la classe media è alla ricerca di prodotti più a buon mercato, magari automobili che utilizzano meno acciaio. Anche l’industria si sta attrezzando. Renault lavora sempre più da vicino ai processi dei suoi fornitori. Jaguar e Land Rover, nel Regno Unito, si sono poste l’obiettivo per il 2035 di utilizzare alluminio riciclato per le loro auto: raccolgono materiale dai loro centri di produzione e lo consegnano ai loro fornitori, che a loro volta lo usano per creare nuovi fogli di alluminio, che può essere riciclato all’infinito. È un esempio di innovazione possibile».

«Il problema – aggiunge Radjou – non sarà nel cambiamento del prodotto, ma nella mentalità delle aziende, che devono percepire la sostenibilità come economicamente vantaggiosa, in grado di generare anche ricavi. Oggi invece la sostenibilità in troppi casi è ancora ritenuta solo un costo. Magari potrebbero servire fabbriche più piccole, con piccole unità localizzate su territori diversi al posto dei mega impianti. E una catena di forniture più agile e inclusiva, che incentivi la creazione di posti di lavoro per persone in difficoltà, quindi con una dimensione più sociale». Cresciuto in India, diplomato in Francia, Radjou è stato tra i protagonisti nei giorni scorsi a Milano del Leadership Forum, platea alla quale ha evidenziato come la mentalità tradizionale stile Silicon Valley, che continua a rincorrere l’ultimo ritrovato tecnologico sfruttando enormi quantità di risorse naturali, è un modello che non solo va esaurendosi, ma che non può reggere al succedersi delle attuali crisi, da quella energetica alla diminuzione del potere di acquisto di milioni di persone. L’innovazione frugale, invece, può ottimizzare i costi ed estendere beni e servizi, come energia e sanità, a fette più ampie di popolazione. Quando parla delle persone che vivevano nel quartiere in cui è cresciuto, Radjou paragona i suoi amici di un tempo a «dei piccoli MacGyver, capaci di improvvisare soluzioni di fortuna ai problemi quotidiani con mezzi veramente limitati: è quella la mentalità che dobbiamo inseguire ».

«L’India si sta sviluppando e anche molti dei miei vicini di allora hanno migliorato le loro vite. Molti, anzi, almeno nelle grandi città indiane, stanno sviluppando un altro meccanismo, diventando consumisti: magari vogliono l’ultimo telefonino, passano ore nei centri commerciali anche se non guadagnano molto, passando così dalla creazione al consumo. Ciononostante, la mentalità di base non scomparirà mai, anche perché la scarsità di risorse è sempre lì a ricordarcela. Il 40% delle grandi città indiane, ad esempio, ha problemi di approvvigionamento di acqua, questo forzerà le persone e gli amministratori ad ingegnarsi. Lo stile McGyver forse non basterà più, occorre saper usare le competenze digitali e l’intelligenza artificiale, collaborando di più, anche perché se chiunque al mondo consumasse come un americano avremmo forse bisogno delle risorse di cinque pianeti per sopravvivere».

Secondo Radjou, il Covid ha mostrato come, «al di là di un momento iniziale di unità, davanti a problemi globali la gente tende a diventare più egoista. O meglio, si focalizza più sul problema a livello locale. Occorre invece una maggiore tendenza all’incontro, ad esempio sulla sicurezza alimentare. Le aziende, dal canto loro, possono sperimentare in mercati emergenti soluzioni replicabili anche in regioni più avanzate, come è già accaduto nelle telecomunicazioni, nell’industria tecnologica, nell’assistenza sanitaria. Per la politica è un po’ più complicato, perché i politici pensano più al sostegno locale, forse ci vorrà un’altra grande crisi perché ciò accada». E l’Italia? Come si pone davanti a questa innovazione?

«L’Italia è un ottimo esempio – fa notare Radjou –. Negli ultimi tre anni è stata la numero uno per quanto riguarda l’economia circolare. Vuol dire che è un Paese che sa come fare di più con poco, ma serve un passaggio in più: occorre un’economia rigenerativa, ovvero un’economia in cui è centrale l’elemento umano, per massimizzare il benessere delle persone. Posso citare il progetto di Parma 2030, un programma che vede uniti enti locali, associazioni, aziende per arrivare, attraverso la realizzazione degli obiettivi, una città più verde, rinnovata e accessibile a tutti. È ad esempi come questo che dobbiamo puntare».

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