mercoledì 1 novembre 2023
Energia, lavoro e scuole: in Brasile spunta una «favela dei sogni»
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Persino il nome è cambiato. Una volta, una delle favelas della zona Est di San Paolo, nello specifico una comunità di circa 300 persone in località Ferraz de Vasconcelos, veniva chiamata Boca de Sapo, “bocca di rana”. Oggi il nome è cambiato in Favela dos Sonhos, “favela dei sogni”, denominazione quasi utopistica, visto che nonostante il patinato evento di presentazione del restyling, in quello che era uno dei sobborghi più malfamati e pericolosi dell’area metropolitana più popolata del Sudamerica (oltre 20 milioni di persone) è tuttora «sconsigliato andarci non accompagnati», come spiegano dalla Gerando Falcoes, la Ong che si è inventata nel 2013 il progetto Favela 3D, dove le 3 D stanno, traducendo in italiano, per «dignitosa, digitale e sviluppata ». In Brasile questo progetto ha già riqualificato, grazie soprattutto a donazioni e finanziamenti privati, anche da parte di importanti realtà internazionali, quattro baraccopoli (altre due nella periferia di San Paolo, una a Rio de Janeiro e una in Alagoas) e punta a quota 1.000 entro 10 anni.

«In realtà il nome favela dei sogni ha senso, anche perché è stato scelto dagli stessi residenti attraverso una votazione – spiega il fondatore di Gerando Falcoes, Eduardo Lyra, 35 anni, che in Brasile sta diventando una sorta di guru del riscatto sociale, visto che a sua volta è cresciuto in una favela di San Paolo –. L’antica denominazione era dovuta alla grande presenza di rane nell’area, che era tutta in terra battuta, non c’era nemmeno un metro di strada asfaltato. Immaginate che cosa significava nei giorni di pioggia, che qui soprattutto in estate sono molto intensi». Dallo scorso luglio, quando è stata completata la riqualificazione, questa comunità beneficia di un impianto di illuminazione da 30 lampioni alimentati a energia solare, di nuove abitazioni realizzate con materiali riciclabili, di più istruzione, di un punto di prima assistenza sanitaria, di accesso gratuito al Wi-Fi (che consente tra l’altro di accedere all’e-commerce, che in Brasile è uno status symbol), di nuove tubature per i servizi igienici di base e di ben 23 biodigestori per trattare i liquami. E persino di più lavoro, visto che il tasso di disoccupazione è passato dal 72% al 4% grazie alla formazione e agli impieghi offerti dalle stesse aziende partner.

Di fronte a un dato così impressionante da destare qualche dubbio, Lyra giura che «si tratta in tutti i casi di salari dignitosi » e che «ben 152 residenti hanno ottenuto un contratto di lavoro stabile». Questo piccolo miracolo di rinascita, peraltro all’insegna della digitalizzazione e della sostenibilità, come si conviene a qualsiasi progetto contemporaneo, che venga pensato nei comodi salotti della comunità finanziaria o nelle aree più disagiate del Sudamerica (solo in Brasile, ancora oggi, 70 milioni di persone hanno difficoltà ad alimentarsi), è stato possibile grazie ad un investimento di soli 7 milioni di reais, circa 1,4 milioni di euro, ottenuti soprattutto attraverso i privati e grazie alla ormai proverbiale capacità di Lyra di convincere investitori per così dire Vip. Amico di imprenditori e personalità dello spettacolo e dello sport, Lyra ha ottenuto che la principale investitrice della Favela dos Sonhos, con un contributo di circa un milione di euro, fosse nientemeno che la filantropa Mackenzie Scott, ex moglie di Jeff Bezos, che in totale ha versato alla ong Gerando Falcoes 27 milioni di reais, pari a poco più di 5 milioni di euro. «La donazione è stata del tutto spontanea e fatta nella massima fiducia, non ci ha chiesto di realizzare nessun progetto specifico», precisa Lyra, che nel 2014, un anno dopo aver fondato Gerando Falcoes, è stato inserito da Forbes nella lista dei trenta under 30 più influenti del Brasile. E infatti attrae realtà importanti, anche europee: al progetto Favela 3D aderiscono firme come Accenture, NBA House, Volkswagen, Basf, Airbnb, Subway, Huawei e Citi Foundation, senza dimenticare l’italiana Tim che ha nel Brasile uno dei suoi principali mercati, con quasi 70 milioni di clienti, ed è in prima linea nella realizzazione della nascente rete 5G.

La tlc, tramite l’impegno in prima persona del Ceo di Tim Brasil, il manager italiano Alberto Griselli, ha recentemente annunciato che i ricavi del piano Tim Black saranno destinati automaticamente a Gerando Falcoes, che ormai al di là degli interventi sulle singole favelas ha una rete di iniziative che interessa 5mila comunità in 25 Stati del Brasile (su 27) e coinvolge un altro migliaio di ong sul territorio. «La collaborazione – ha tenuto a dire Griselli – non si limiterà all’aiuto economico: contiamo di offrire dei posti di lavoro alle comunità e di far arrivare la connessione 5G in tutte queste aree». «L’accesso a Internet di qualità – ha aggiunto Lyra – è un aspetto centrale perché consente al quartiere di avere accesso a informazioni e attività culturali, di ottimizzare le attività formative e anche di ricollocarsi professionalmente, attraverso le opportunità di lavoro online. Con Tim peraltro collaboriamo già da un anno nella Favela Marte, che è raggiunta dalla connessione 5G».

Di fronte a una tale capacità di networking, sorge solo un interrogativo: dato che Lyra e la sua organizzazione sono riusciti in quello che nessun politico aveva mai fatto, cioè ridare dignità alle periferie più dimenticate, finirà anche lui per candidarsi? Il diretto interessato giura che la sua Ong è totalmente apolitica e si impegna per tutti, in particolare donne e bambini, ma in Brasile, di fronte a una ascesa così fulgida anche dal punto di vista mediatico, c’è chi scommette su un suo futuro in politica. Per ora qualche indizio c’è, principalmente due. Il primo, la presenza all’inaugurazione della Favela dos Sonhos del governatore di San Paolo Tarcisio de Freitas, vicinissimo all’ex presidente Bolsonaro, e non magari del presidente Lula o di qualche ministro o esponente dell’attuale governo di centrosinistra. Il secondo sono le citazioni postate da Lyra sui social: un giorno compare Nelson Mandela, e sembra pertinente alla missione in atto, il giorno dopo c’è una frase di Margaret Thatcher, forse la personalità del Novecento più lontana dai concetti di solidarietà e inclusione.

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