Una vettura attrezzata con uno strumento di rilevazione delle emissioni - .
Un nuovo paradigma, più sostenibile, equo e inclusivo, per la misurazione delle emissioni di CO2 delle auto private, non più basato sulla classe Euro del motore ma sulla rilevazione del comportamento del singolo veicolo e dello stile di guida del suo conducente. È questa la visione della ricerca presentata durante il The Urban Mobility Council (TUMC) nei giorni scorsi a Bruxelles al Parlamento Europeo da Matteo Laterza, ad di UnipolSai, e Sergio Savaresi, direttore del Dipartimento Elettronica Informazione e Bioingegneria del Politecnico di Milano. Lo studio mette in evidenza che, se si considera il consumo di emissioni effettivo e non medio, il 26% dei veicoli Euro 4 emette meno CO2 rispetto ad altrettanti veicoli Euro 6. Cambiare i parametri di calcolo non è ancora una soluzione ma certamente una suggestione che potrebbe contribuire alla transizione verde grazie anche a un meccanismo di premi per i conducenti che scelgono di avere a bordo la "scatola nera", come già avviene per i clienti che sottoscrivono le polizze Unipol.
L’iniziativa, organizzata dal TUMC, si inserisce in un momento cruciale per la politica sulla mobilità, all’indomani dell’adozione delle ultime due proposte legislative del pacchetto Fit For 55%. Una proposta che si sposta dall’Italia al Parlamento europeo per portare un contributo al dibattito internazionale sul ruolo dei trasporti nella lotta al cambiamento climatico, tenendo in considerazione gli impatti sociali connessi all’elettrificazione dei veicoli. I risultati della ricerca E-Private Mobility Index2, realizzata in collaborazione con il Politecnico di Milano, fanno prevedere che, nei prossimi anni, circa il 70% di auto a motore endotermico non potrà essere sostituito dall’auto elettrica per diverse ragioni: autonomia di percorrenza, ricariche, costi di produzione e quindi di vendita. In questo scenario di “convivenza” tra auto elettriche e auto a motore endotermico, i risultati sperimentali emersi dalla ricerca “Greenbox: l’uso della telematica per un nuovo paradigma di sostenibilità”, evidenziano che non tutte le auto Euro 4 sono da rottamare, e non tutte le Euro 6 sono virtuose.
L’impatto ambientale dipende infatti anche da come e quanto viene utilizzata l’automobile, ma per catturare questa significatività occorre passare da un modello basato sulla centralità della classe di motore Euro a un modello veicolo-centrico in cui l’individuo diventa protagonista consapevole del proprio ruolo nella emissione di CO2. Il guidatore è, infatti, determinante nella quantità di emissioni prodotte dal veicolo: lo stile di guida, la velocità media, i km percorsi, sono tutte variabili in grado di influenzare in modo significativo le emissioni dell’auto. In particolare, una velocità di percorrenza troppo elevata o troppo bassa genera, a parità di altre condizioni, una crescita significativa di emissioni di CO2. Attraverso l’uso delle scatole nere – che, nella nuova visione, assurgerebbero al ruolo di green box – il modello misura infatti la creazione di effetto serra di ogni singolo veicolo (CO2), sulla base – oltre che delle specifiche tecniche del motore – del tipo di strada che si percorre, del chilometraggio, della velocità media e dello stile di guida.
In conclusione, la proposta è quella di un nuovo modello in grado di misurare l’impatto ambientale effettivo di ogni singolo veicolo, ponendo al centro dell’analisi anche il guidatore. È un nuovo paradigma che si pone inoltre l’obiettivo di non lasciare indietro nessuno, che non obbliga alla rottamazione di un’auto in ragione del suo motore purché i km che percorre siano limitati e il suo stile di guida sia “green”. Una logica in cui si rende necessario che ciascuna auto sia dotata di una box dedicata e certificata, indissolubilmente legata al veicolo. E che ogni automobilista accetti che il suo stile di guida ed i chilometri percorsi siano misurati. E questa, in tempi in cui la difesa della privacy pare imprescindibile, forse è la difficoltà maggiore da superare.