martedì 18 marzo 2025
Il pedagogista Monico interviene nel dibattito sulla teologia rapida aperto da padre Spadaro su "Avvenire" soffermandosi sul gesuita e paleoantropologo francese
Un'immagine evocativa sul senso della teologia rapida indicata dal gesuita Spadaro

Un'immagine evocativa sul senso della teologia rapida indicata dal gesuita Spadaro - ANSA

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Il 19 gennaio 2025, in un articolo su Avvenire, Antonio Spadaro, gesuita e sottosegretario del Dicastero vaticano per la Cultura e l’educazione, ha evidenziato la necessità per la Chiesa di non limitarsi a «porti sicuri», ma di abitare «luoghi esposti a venti e burrasche», sviluppando una teologia capace di rispondere dinamicamente ai rapidi cambiamenti della società. Ha quindi proposto il concetto di teologia rapida, un pensiero teologico che, senza rinchiudersi in spazi di sicurezza, abita il flusso accelerato della contemporaneità e reagisce alle rapide della storia.

Questa esigenza ha radici profonde nel mondo della cultura. Già Ezra Pound, con il suo Vortex, vedeva l’arte come un centro energetico in cui idee, immagini e influenze si scontrano e si fondono, generando qualcosa di nuovo. Il poeta non è un semplice osservatore, ma un attore attivo, capace di anticipare le trasformazioni del suo tempo. Questo concetto si ritrova nel Vorticismo, movimento artistico modernista influenzato dal Futurismo e dal Cubismo, dove l’arte non è contemplazione, ma un campo di forze in continuo mutamento. Negli anni ’60 del XX secolo Marshall McLuhan sviluppa la Dew Line - Distant Early Warning Line, ispirata al sistema radar della Guerra Fredda, per descrivere il ruolo dell’artista nella società. Per McLuhan gli artisti sono sensori anticipatori, in grado di intercettare e decodificare i segnali del cambiamento prima che diventino evidenti alla massa. Vortex e Dew Line condividono una visione comune: arte e letteratura sono strumenti di percezione avanzata. Analogamente, Spadaro propone che la teologia adotti questa stessa logica, trasformandosi in un’intelligenza attiva che abita il presente. Non più semplice archivio di saperi, ma un dispositivo capace di leggere e interpretare il contemporaneo.

Tuttavia, come per Pound e McLuhan, esiste un rischio: la sovraesposizione alla velocità e al flusso delle informazioni potrebbe compromettere il discernimento della teologia, riducendola a una reazione immediata, priva di radicamento. La sfida è dunque trovare un equilibrio tra riflessione profonda e reattività al tempo presente.

Se Pound vedeva il poeta come un canale dell’energia culturale e McLuhan l’artista come radar del futuro, la teologia rapida può essere intesa come un’ermeneutica del presente, capace di interrogare i cambiamenti e offrirne una lettura significativa. Il suo obiettivo non è solo inseguire l’accelerazione della storia, ma orientarla, dando senso alla complessità contemporanea.

Una teologia rapida, quindi, non può limitarsi a essere una cronaca del presente, ma deve mantenere una capacità di lettura profonda, evitando di diventare un semplice specchio delle mode culturali. Questo significa abitare il tempo senza esserne risucchiati, distinguere ciò che è contingente da ciò che è essenziale, riconoscere nei fenomeni culturali quei segni che indicano una direzione, piuttosto che limitarsi a registrarne le oscillazioni. In questa prospettiva, la teologia rapida non sarebbe affatto una teologia superficiale, ma un’intelligenza capace di discernere il nuovo senza perdere il legame con la profondità del sacro. Il suo compito, infatti, non è solo quello di seguire le dinamiche del mondo, ma di orientarle, offrendo alla cultura contemporanea un punto di riferimento che sappia rispondere alla complessità senza rinunciare alla verità.

In questo scenario, Gillo Dorfles, con il concetto di Horror pleni, mette in guardia contro la saturazione comunicativa, che invece di generare significato produce dispersione e caos. Se la teologia si limitasse a reagire in modo istintivo, rischierebbe di perdere il suo radicamento esegetico e critico, adattandosi alle logiche del consumo culturale anziché elaborare risposte strutturate e significative.

Per evitare questa deriva, la teologia rapida potrebbe ispirarsi alla noosfera di Pierre Teilhard de Chardin. Il gesuita e paleoantropologo francese vede l’umanità come un processo evolutivo in cui la conoscenza e le interconnessioni portano a una coscienza globale orientata verso un punto Omega, un compimento spirituale che unifica esperienza, sapere e trascendenza. Teilhard, anticipando l’era digitale, distingue tra accumulo di dati e conoscenza orientata. Se l’horror pleni rappresenta il caos informativo, la noosfera offre una prospettiva di sintesi e discernimento, distinguendo ciò che porta crescita spirituale da ciò che è solo rumore. In questo contesto, la teologia rapida può evitare la superficialità se non si limita a adattarsi passivamente alle dinamiche culturali, ma sviluppa una capacità di discernere i segnali autentici da quelli effimeri, riconoscendo nei fenomeni contemporanei non solo il cambiamento, ma la direzione verso cui esso conduce. Teilhard de Chardin ci insegna che l’evoluzione non è solo biologica, ma anche spirituale. Se la teologia rapida saprà ispirarsi a questa visione, potrà diventare un’intelligenza vivente, capace di intercettare il cambiamento senza perdere il legame con la tradizione. Potrà essere reattiva ma consapevole, dinamica ma solida, in grado di rispondere alle sfide della contemporaneità senza sacrificare la profondità della riflessione.

In definitiva la teologia rapida, assumendo il ruolo dell’artista-intellettuale come sensore delle dinamiche culturali, ha il potenziale di trasformarsi: così come l’arte è in grado di cogliere le mutazioni del linguaggio prima ancora che diventino evidenti, la teologia deve affinare la propria capacità di ascoltare, interpretare e rispondere alle sfide del presente.

Tuttavia, questa agilità non deve tradursi in un’adesione acritica alla velocità del mondo. Se la teologia aspira a mantenere la sua funzione orientativa, deve riappropriarsi del discernimento, evitando sia l’inerzia accademica sia il rischio di una deriva populista. Teilhard de Chardin offre una chiave di lettura essenziale: la coscienza umana è in evoluzione verso una sintesi superiore.

La teologia rapida, allora, non dovrebbe essere solo una risposta alle urgenze del presente, ma un metodo per orientare il futuro. Se riuscirà in questo compito, allora potrà davvero diventare non solo un sapere in dialogo con il presente, ma una teologia capace di illuminare il futuro per una Chiesa che non subisce il tempo, ma lo guida.

docente e pedagogista

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